L’acqua e la corretta idratazione

L'acqua

L’acqua è considerata il nutriente più importante poiché l’organismo si troverebbe in seria difficoltà nel caso in cui non riuscisse ad ottenere il quotidiano apporto idrico ed è anche quello presente in maggiore quantità.
Costituisce circa l’80% del peso del bambino, il 70% dell’adulto, mentre scende al 60% nell’anziano in quanto la diminuzione dell’acqua corporea è un fenomeno fisiologico che caratterizza il processo di invecchiamento cellulare. A partire dall’adolescenza si evidenziano le differenze tra i sessi, il corpo della donna, avendo una maggiore quantità di tessuto adiposo (povero di acqua), ne contiene una percentuale minore.
L’acqua corporea totale ha una distribuzione ubiquitaria: la percentuale maggiore (circa il 65%) si trova all’interno delle cellule (acqua intracellulare) mentre il restante 35% si trova all’esterno (acqua extracellulare) e comprende il liquido interstiziale1, il plasma e la linfa.

A cosa serve l’acqua?

Dopo essere stata ingerita, l’acqua attraversa il canale digerente fino all’ultimo tratto dell’intestino dove viene assorbita, da qui, torna in circolo e si distribuisce attraverso il sangue e la linfa alle cellule e ai tessuti del corpo.
Una volta raggiunti i vari distretti corporei, entra in gioco nella regolazione di numerose importanti funzioni dell’organismo perché costituisce l’ambiente in cui avvengono le principali reazioni chimiche e svolge l’attività di solvente.

Ha un ruolo essenziale nella digestione, nell’assorbimento, nel trasporto e nell’utilizzo dei nutrienti (minerali, vitamine idrosolubili, aminoacidi, glucosio, ecc.), favorisce il buon funzionamento del fegato e dell’apparato digerente, garantendo la giusta consistenza del contenuto intestinale. Interviene nella regolazione del volume corporeo e della temperatura ed è il mezzo attraverso il quale il corpo elimina le scorie metaboliche. Agisce a livello delle articolazioni come lubrificante, mantiene l’elasticità e la compattezza della pelle e delle mucose.
Proprio per le molteplici funzioni metaboliche in cui è coinvolta, è considerata un elemento indispensabile per la salute e il benessere del nostro corpo.

Perché si perde acqua?

Quotidianamente, in condizioni normali, il corpo umano perde acqua attraverso le urine (circa 800-1500 ml/die), le feci (100-150 ml/die), la cute e la respirazione (circa 1250 ml/die); queste perdite giornaliere rappresentano circa il 3-4% del peso corporeo di un adulto. Le temperature estive elevate, lo sport e il movimento comportano una maggiore perdita di acqua corporea a causa dell’aumento della sudorazione, che è molto variabile da individuo a individuo.

Il sudore è il principale meccanismo attraverso il quale l’organismo mantiene l’equilibrio termico perché, attraverso la sua evaporazione, il corpo si raffredda. Anche condizioni patologiche come il vomito, la febbre e la diarrea contribuiscono ad aumentare notevolmente l’eliminazione dell’acqua corporea.

Per evitare la disidratazione rettili, uccelli, vertebrati e tutti gli animali terrestri, tra cui l’uomo, hanno sviluppato una rete molto sensibile di controlli fisiologici per mantenere l’acqua corporea; i principali sistemi attraverso i quali si mantiene l’equilibrio idrico sono: il riassorbimento dell’acqua nei reni e il meccanismo dalla sete.

Gli esseri umani possono bere per vari motivi, tra cui quelli edonistici, ma principalmente perché la carenza di acqua innesca la sete fisiologica.
Il meccanismo della sete è ben noto ma non bisogna sottovalutare il fatto che ha un tempo di risposta ritardato ed interviene solo quando la perdita di acqua ha già iniziato a provocare i primi effetti negativi. La diminuzione della pressione sanguigna, l’aumento dell’osmolarità2 del plasma e la sua riduzione di volume, sono tra i fattori in grado di innescare il meccanismo della sete.

La percezione di tale e fondamentale senso è resa possibile grazie alla presenza di un centro della sete che si trova nel cervello; qui, attraverso un sistema complesso, si ricevono e si elaborano i segnali che provengono dai diversi distretti corporei. Semplificando si può dire che un deficit di acqua produce un aumento della concentrazione degli ioni disciolti in essa, nel compartimento extracellulare; questo fenomeno provoca un richiamo di acqua dall’interno delle cellule per compensare l’aumento della concentrazione ionica. Il flusso di acqua che si crea verso l’ambiente extracellulare ha come effetto una diminuzione del volume delle cellule che, a sua volta, viene rilevato da due tipi di sensori presenti nel cervello, il primo controlla l’assunzione di acqua e induce il senso della sete (l’individuo beve), il secondo controlla l’escrezione di urina attraverso l’invio di un messaggio ai reni che, in risposta a questo segnale, cominceranno a riassorbire più acqua, producendo urina più concentrata e con un minore volume.

A volte, in particolar modo negli anziani, il meccanismo della sete può non funzionare perfettamente, per un’alterazione dei sistemi di regolazione. Questo comporta, per l’individuo in età avanzata, un maggiore rischio di andare incontro ad un processo di disidratazione, in quanto potrebbe non essere in grado di reintegrare adeguatamente e rapidamente le perdite di acqua.
A causa delle minori riserve idriche, sarebbe prudente, per gli anziani, imparare a bere regolarmente anche se non si percepisce la sete, per prevenire la disidratazione e le gravi possibili conseguenze che questo fenomeno comporta sullo stato di salute generale.

Cosa succede se non si reintegrano le perdite idriche?

Una carenza di acqua è mal tollerata dall’organismo, già quando si verifica una disidratazione del solo 1% del peso corporeo si hanno ripercussioni sia a livello dell’attività che della performance fisica. Una perdita del 2% altera la termoregolazione3 e influisce negativamente sull’efficienza e sulle capacità fisiche del soggetto, mentre una perdita del 5% comporta il rischio di crampi. Una lieve disidratazione può produrre alterazioni di tipo cognitivo sulla concentrazione, la vigilanza, la memoria a breve termine, sia negli adulti che nei bambini. Perdite idriche del 6-10% compromettono l’omeostasi4 dell’organismo, inducono spossatezza, aumento dell’aggressività e dell’irritabilità, malessere generale, astenia profonda e risultano particolarmente pericolose fino a diventare rischiose per la vita (colpo di calore e ipertermia).
Uno stato di disidratazione persistente è quindi in grado di compromettere sia le capacità fisiche che quelle mentali dell’organismo umano.

Qual è il fabbisogno di acqua quotidiano?

Affinché l’equilibrio idrico venga mantenuto, è fondamentale che l’apporto di acqua sia uguale alla perdita.
Il fabbisogno quotidiano, per adulti e anziani, è indicativamente di 1 ml di acqua ogni chilocaloria assunta con gli alimenti, mentre per i bambini è superiore (approssimativamente 1.5 ml/kcal/die), in quanto sono maggiormente a rischio di disidratazione. Questi numeri possono variare, anche notevolmente, in relazione a diversi fattori quali ad esempio il clima, il tipo di alimentazione, l’attività fisica svolta, ecc.

L’apporto di acqua avviene giornalmente attraverso tre fonti: le bevande (mediamente 800-1500 ml, circa il 50% del fabbisogno giornaliero), i cibi che la contengono, in maggiore o minore quantità (500-900 ml) e i processi metabolici di ossidazione dei carboidrati, dei grassi e delle proteine. L’acqua che viene prodotta attraverso questi processi è denominata acqua metabolica ed è pari a circa 350 ml.

Dal momento che questa quantità è molto esigua rispetto al fabbisogno idrico quotidiano, si può facilmente intuire come un ruolo fondamentale lo assume la reintegrazione attraverso gli alimenti e le bevande.
Il contenuto di acqua nei cibi è molto variabile, un ruolo particolarmente importante è svolto da quelli che ne garantiscono un elevato apporto come frutta, verdura, ortaggi e latte, il cui contenuto in acqua può essere anche superiore all’85%. Da annoverare sono anche gli alimenti che hanno questo importante nutriente come costituente fondamentale per la loro preparazione quali brodi e minestre.

Particolare attenzione deve essere, invece, posta alle bevande come aranciata, succhi di frutta, caffè, tè, ecc., perché, sebbene possano costituire fonti di acqua, apportano anche sostanze farmacologicamente attive, ad esempio la caffeina, e substrati calorici come gli zuccheri semplici la cui assunzione andrebbe limitata. Proprio per evitare l’assunzione di tali sostanze è fondamentale bere essenzialmente acqua, sia del rubinetto che imbottigliata.

Tipi di acque

Le acque potabili differiscono tra loro principalmente per la composizione chimica in minerali e sostanze organiche (residuo fisso).
Se il residuo fisso è inferiore a 50 mg/l, l’acqua viene classificata come minimamente mineralizzata; si parla di acqua oligominerale se è compreso tra 50 e 500 mg/l e di acqua minerale propriamente detta se compreso tra 500 e 1500 mg/l. In ultimo, se il residuo fisso supera i 1500 mg/l ci troviamo di fronte ad un’acqua fortemente mineralizzata.

La natura e la concentrazione dei sali in essa contenuti è determinata dalla composizione delle rocce con cui l’acqua è venuta in contatto. Si possono trovare minerali quali cloruri, solfati, carbonati di calcio, magnesio, potassio e sodio che ne determinano il sapore e le proprietà. Considerando i componenti principali si hanno, quindi, acque con diverse proprietà terapeutiche che possono essere utilizzate qualora siano presenti determinate patologie. Le acque sulfuree ad esempio possono essere utili nelle patologie croniche respiratorie, otorinolaringoiatriche e osteoarticolari, le acque salso-bromo-iodiche possono essere impiegate negli stati infiammatori generali, le acque bicarbonate possono trovare il loro utilizzo nelle patologie dell’apparato digerente, del pancreas e delle vie biliari. Non bisogna poi dimenticare che l’acqua può rappresentare una buona fonte di calcio, un minerale molto importante ma che spesso risulta carente nell’alimentazione quotidiana della popolazione generale.

Glossario

1. Liquido interstiziale: soluzione acquosa presente tra le cellule di un tessuto. Attraverso questo fluido le sostanze passano dal sangue ai tessuti e viceversa.

2. Osmolarità: grandezza fisica che esprime la concentrazione di una soluzione ed in particolare il numero di molecole e ioni presenti in un litro di soluzione.

3. Termoregolazione corporea: meccanismo biologico che tende a mantenere costante la temperatura dell’organismo. Tale meccanismo comprende processi di produzione, dispersione e conservazione del calore.

4. Omeostasi: capacità di un organismo di mantenere costanti le condizioni chimico-fisiche interne nonostante le variazioni dell’ambiente esterno.

Bibliografia

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