Alcol etilico: l’altro nome di vino, birra e superalcolici (prima parte).

Alcol

Alcol: un po’ di storia…

La parola “alcool”, scritta anche “alcol” o “alcole”, deriva dall’arabo “al-kuhul” e indica una polvere finissima di solfato di antimonio, che veniva utilizzata dalle donne orientali, dopo averla mescolata con l’acqua, come ombretto per tingere le ciglia, le sopraciglia e il bordo delle palpebre. In seguito, in occidente il termine fu usato dagli alchimisti per indicare qualsiasi polvere impalpabile. Nel XVI secolo, con Paracelso, prese il significato di “essenza” o “elemento essenziale” e venne utilizzato dal medico e alchimista elvetico, per indicare la parte più nobile del vino (alcohol vini). Questa nuova denominazione dello “spirito” di vino venne utilizzata, a partire dalla metà del XVIII secolo, dai medici e dai chimici nella sua forma abbreviata alcohol per indicare l’alcol etilico o etanolo.

L’uso dell’alcol etilico risale ai tempi preistorici ed è presente in tutto il mondo, probabilmente perché i fattori necessari per la sua produzione sono estremamente semplici: un materiale vegetale contenente zucchero o amido, lieviti, un certo grado di umidità e una temperatura adeguata per permettere la fermentazione.

I primi miglioramenti tecnologici si ottennero attraverso la masticazione dei semi e dei tuberi per facilitare la fermentazione del materiale amilaceo da parte dei microrganismi presenti nell’ambiente. Questa tecnica di insalivazione è ancora oggi utilizzata nel Sudamerica ed è alla base del processo di produzione della chicha e del cauim, bevande prodotte dalla fermentazione del mais e di altri cereali, ma anche dal tubero della manioca o da alcuni tipi di frutta.
Questo metodo rudimentale si è gradualmente evoluto in sistemi sofisticati per la produzione di vino e birra con un contenuto alcolico piuttosto basso perché la fermentazione da sola non è in grado di produrre bevande con un contenuto alcolico superiore al 12-15%. Per ottenere percentuali di alcol più elevate è necessario distillare le soluzioni acquose, una tecnica inventata dai chimici arabi che si diffuse in Europa durante il Medioevo.

Problemi correlati al consumo di alcol

L’uso di bevande alcoliche è stato parte integrante di molte culture per migliaia di anni. Prima dell’era moderna, le bevande alcoliche fermentate erano conosciute in tutte le società tribali tranne che in Australia, Oceania e Nord America. Dove alcol era tradizionalmente consumato, la produzione di bevande alcoliche era artigianale e avveniva comunemente tra le mura domestiche. Bere alcol aveva ed ha ancora oggi un ruolo nella vita sociale di molti popoli: contrassegna feste ed eventi come nascite e matrimoni ed è spesso utilizzato per i suoi effetti piacevoli a breve termine, come il miglioramento dell’umore, la sensazione di allegria e di euforia.

Accanto a questi effetti non bisogna dimenticare i problemi correlati all’assunzione di alcol. Dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è classificato tra le droghe legali ma, per le cellule, è una sostanza molto più nociva rispetto ad altre droghe illegali e può causare una dipendenza di grado superiore rispetto a quella indotta da droghe più conosciute.
Trattandosi di una sostanza tossica il suo consumo è in relazione con più di 200 malattie, lesioni e altre condizioni che possono alterare lo stato di salute. Per molte patologie il rischio aumenta all’aumentare delle quantità di alcol assunto, con diversa prevalenza di rischio a seconda del sesso.
Non solo il volume di alcol consumato, ma anche le modalità di consumo influiscono sui danni. Ad esempio, l’assunzione durante i pasti sembra essere associata ad un minor rischio rispetto al consumo in altri momenti della giornata.

Numerosissimi studi scientifici hanno dimostrato una relazione direttamente proporzionale tra il consumo di alcol e l’aumento di insorgenza di alcuni tipi di cancro (mammella, cavo orale, faringe e prime vie aeree, stomaco, colon, retto, pancreas e fegato). In particolar modo è stato recentemente evidenziato che il rischio di cancro al seno aumenta di un 4% già a partire dal consumo di una sola bevanda alcolica al giorno e sale al 40-50% quando le bevande diventano tre.

Tra i danni indotti dall’alcol si annoverano quelli al sistema nervoso (neuropatia periferica, demenza, deficit cognitivi, ecc.) e all’apparato digerente (gastrite, emorragie, ulcere, cirrosi epatica e danni pancreatici). Il consumo di alcol è associato a molte condizioni neuropsichiatriche come la depressione e l’ansia. Può interferire con le normali funzioni del sistema immunitario, provocando un’aumentata vulnerabilità ad alcune infezioni, tra cui la polmonite, la tubercolosi e l’HIV e può diminuire la fertilità sia nell’uomo che nella donna.

Il rapporto tra l’uso di bevande alcoliche e l’apparato cardiocircolatorio è complesso. Numerose evidenze cliniche e sperimentali hanno documentato che l’assunzione cronica di elevate quantità di alcol è in grado di indurre lesioni del muscolo cardiaco, disturbi del ritmo, incremento della pressione arteriosa con conseguente aumento dell’incidenza di ictus emorragico. Si ha, invece, un effetto cardioprotettivo su cardiopatia ischemica e su ictus ischemico per consumi lievi, che, però, scompare rapidamente se si aumenta la dose ingerita.

Oltre al consumatore, l’alcol danneggia anche chi lo circonda come i membri della famiglia, i bambini, le vittime della violenza e degli incidenti stradali dovuti alla guida in stato di ebbrezza. Diversi studi mettono in evidenza come all’aumentare del consumo aumenta esponenzialmente il rischio di lesioni sia intenzionali, quali il suicidio e la violenza, che involontarie, per un conseguente effetto sulle capacità psicomotorie.

Nella seconda parte dell’articolo verrà preso in esame il valore nutrizionale dell’alcol e verranno analizzati alcuni dati relativi al consumo di bevande alcoliche in Italia.

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