Vi propongo una ricetta semplice e gustosa per preparare il petto di pollo in modo diverso dal solito. Ricordo che la carne di pollo è una carne bianca e può essere consumata al massimo 2-3 volte a settimana. Durante la preparazione ricordatevi di prestare molta attenzione alla contaminazione crociata degli alimenti, la carne di pollo cruda può essere contaminata da diversi batteri come Salmonella e Campylobacter. Vi lascio il linkdi un articolo del mio blog dove approfondisco la questione.
Per prima cosa mettiamo in una casseruola il petto di pollo e la patata sbucciata e tagliata a pezzi, copriamo con acqua fredda e cuociamo per circa 30 minuti dall’bollizione. Nel frattempo versiamo due cucchiaio di olio in una padella e cuociamo la zucchina tagliata a julienne per alcuni minuti.
Una volta che il pollo e la patata saranno cotti, facciamoli raffreddare e tritiamoli con il mixer. Aggiungiamo l’uovo, la scorsa grattugiata e il succo di mezzo limone, le zucchine, la curcuma, il sale e il pepe e mescoliamo accuratemente. Se il composto dovesse risultare troppo morbido si può aggiungere un po’ di farina.
Formiamo 8 piccoli hamburger, scaldiamo un cucchiaio di olio etra vergine di oliva in una padella antiaderente e rosoliamoli per circa 3-4 minuti per lato. Una volta cotti impiattiamoli e serviamoli con un bel contorno di verdure.
Se avete letto i precedenti articoli (link, link), siete perfettamente in grado di conservare gli alimenti tra le mura domestiche. Questo, però, non basta, perché virus e batteri sono sempre in agguato e le contaminazioni possono avvenire anche durante la preparazione degli alimenti. A tal proposito, oggi vi parlerò della cross-contaminazione.
Di cosa si tratta?
E’ un termine che indica il trasferimento non intenzionale di microorganismi o sostanze chimiche da un alimento a un altro. Può avvenire in modo indiretto, attraverso le mani, le superfici o gli strumenti di lavoro oppure diretto, quando due alimenti entrano in contatto tra loro.
Per garantire la sicurezza, nostra e dei nostri cari, è fondamentale seguire delle regole.
Al primo posto l’igiene dell’ambiente, dei materiali che si utilizzano e anche di chi si occupa della preparazione dei cibi.
Panni e strofinacci devono essere sempre puliti e sostituiti spesso. Le mani devono essere lavate non solo prima di iniziare a cucinare, ma anche quando si manipolano alimenti diversi e si passa da crudi a cotti. La stessa attenzione andrà posta sulle superfici di lavoro e sulle attrezzature che entrano in contatto coi cibi (taglieri, posate, piatti, ecc.), che andranno sempre pulite e disinfettate.
Quando possibile, è meglio evitare di toccare i cibi con le mani, ma utilizzare posate o altri oggetti adatti allo scopo. In generale, è importante sia separare gli alimenti crudi da quelli cotti, che quelli crudi tra di loro. Riporli sempre in contenitori chiusi per evitare il gocciolamento e conservarli accuratamente.
Ricordiamoci che i cibi più a rischio di contaminazione sono: carni, pesci, frutti di mare, uova, latte, latticini e cibi contenenti gli stessi.
Per aiutarvi a capire meglio quello che vi ho appena detto, vi lascio il link di un video esplicativo, fatto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
Se avete letto l’articolo precedente (vi lascio il link nel caso ve lo foste perso), siete perfettamente in grado di conservare gli alimenti nel frigorifero. Non da meno è l’attenzione che va posta per la conservazione degli alimenti nella dispensa.
Qui vi si ripongono i cibi non deperibili a breve termine, come i cereali in chicco (riso, orzo, farro, ecc.), la pasta, la farina, gli alimenti in barattolo o in lattina, ecc. Possono essere conservati nelle loro confezioni o in contenitori chiusi. La bassa presenza di acqua fa sì che non avvenga la moltiplicazione batterica, ma questo non ci esula dal conservarli in modo corretto. L’umidità dell’aria può favorire la comparsa di muffe e la proliferazione di insetti. Sicuramente saranno il cibo del futuro, ma non tutti saltano di gioia all’idea di mangiare insetti insieme al riso o alla pasta!
Arrivati a casa cosa dobbiamo fare?
Ricordatevi di pulire i barattoli di latta prima di aprirli, per evitare che materiale o polvere presente sulla superficie possa cadere accidentalmente dentro il contenitore. Controllate sempre i cibi prima del consumo. Se ci dovessero essere muffe, bollicine, fuoriuscita di gas o odore sgradevole, è bene non assaggiare il prodotto e passarlo direttamente nella pattumiera.
Leggiamo sempre l’etichetta, alcuni alimenti dopo l’apertura devono essere conservati in frigorifero e consumati entro pochi giorni. Prima di riporli in frigo bisogna chiudere la confezione con nastro adesivo o mollette oppure trasferirli in contenitori chiusi. Se abbiamo aperto un contenitore di metallo, è meglio evitare di conservare l’alimento avanzato nello stesso barattolo. E’ bene trasferirlo in appositi contenitori per alimenti e conservarlo come indicato in etichetta.
Per evitare sprechi consiglio di mettere gli alimenti acquistati per ultimi dietro quelli presi in precedenza e controllare sempre la data di scadenza indicata sull’etichetta. In tal modo non si rischia di avere nella dispensa prodotti scaduti. Il mio consiglio è di non eccedere con le scorte, non abbiate paura di rimanere senza cibo, vi ricordo che anche durante il lockdown, i negozi di generi alimentari non hanno mai chiuso.
Nell’articolo precedente (vi lascio illinknel caso vi fosse sfuggito) ho iniziato a parlarvi di quali comportamenti bisogna adottare per ridurre il rischio di contaminazione microbica degli alimenti.
Una volta arrivati a casa cosa dobbiamo fare?
Prima di tutto ci dobbiamo ricordare le “buone pratiche igieniche”, semplici regole che tutti dovremmo seguire per proteggere la nostra salute.
Riponiamo immediatamente gli alimenti refrigerati e/o surgelati nel frigorifero o nel congelatore. Il freddo è un alleato prezioso per conservare i cibi, ma è fondamentale che l’ambiente dove verranno conservati sia pulito. L’interno del frigorifero deve essere igienizzato con regolarità e non dobbiamo far accumulare ghiaccio sulle pareti. Ricordiamoci di verificare la temperatura al suo interno e manteniamola intorno ai 4-5 °C. Evitiamo di sovraccaricare il frigorifero con troppi alimenti. L’aria fredda deve circolare all’interno per garantire la corretta refrigerazione.
Ogni alimento ha la sua “temperatura di conservazione”. Carne e pesce devono sostare nella parte più fredda e devono essere consumati entro 24-48 ore. La carne lavorata, come gli affettati o gli insaccati non confezionati, dura qualche giorno in più, ma non pensiate di lasciarla lì per una settimana. E’ bene mangiarla entro 3 giorni dall’acquisto.
Se prevedete di non mangiare nel breve periodo gli alimenti comperati, il congelatore può essere un valido aiuto. Ricordiamoci che il congelamento non sanifica gli alimenti, ma blocca la crescita dei microrganismi, se la temperatura è mantenuta costante. Facciamo sempre delle piccole porzioni, scriviamo la data di confezionamento e posizioniamole all’interno, evitando il contatto con gli altri alimenti congelati, per non alzarne la temperatura.
Lo scongelamento richiede altrettante attenzioni per evitare la crescita batterica. Non scongeliamo a temperatura ambiente o in acqua calda, ma, se possibile, cuociamo gli alimenti ancora surgelati (hamburger, cotolette, ecc.) e accertiamoci che anche l’interno dell’alimento abbia raggiunto la temperatura di sanificazione. Se questo non è possibile, lasciamoli scongelare in frigorifero oppure, se avete il forno a microonde, si può utilizzare l’apposita funzione.
Non laviamo frutta e verdura prima riporle in frigorifero perché l’umidità può favorire la crescita di batteri o muffe. Non conserviamo i cibi oltre la data di scadenza e ricordiamoci di applicare la tecnica FIFO (First In, First Out), l’alimento che entra per primo deve essere il primo ad uscire. In questo modo saremo sicuri di consumare il cibo entro la data di scadenza e contribuiremo ad evitare lo spreco alimentare.
Vi lascio il “Decalogo della sicurezza in frigorifero“, pubblicato dal Ministero della Salute. Ognuno di noi dovrebbe impararlo a memoria per evitare spiacevoli “inconvenienti”.
Nella prossima puntata vi parlerò della corretta conservazione nella dispensa.
Nella pratica sportiva, sia professionale che amatoriale, l’alimentazione gioca un ruolo importante.
Non esistono alimenti “magici” che possano migliorare la prestazione atletica. Solo una sana e adeguata alimentazione contribuisce a rendere l’organismo efficiente e in grado di affrontare gli impegni di allenamento e di gara.
Ne parlerò martedì 28 febbraio 2023, alle ore 20.45, presso il cinema Mignon, in via Gaetano Benzoni 22, a Mantova. Vi aspetto numerosi!
Per molte specie di microrganismi, gli alimenti rappresentano un ambiente particolarmente adatto alla loro sopravvivenza e riproduzione. Si nutrono con le sostanze che compongono i cibi e producono prodotti di scarto che rendono gli alimenti non adatti al consumo.
Alcuni microrganismi possono essere utili, basti pensare a quelli utilizzati per produrre alimenti come lo yogurt, i formaggi…ma ce ne alcuni che possono essere patogeni. Se questi entrano in contatto con i cibi, ci potrebbe essere produzione di tossine, tali da rendere l’alimento dannoso per la nostra salute.
Nelle maggior parte dei casi, le contaminazioni microbiche avvengono accidentalmente per la presenza, all’interno dell’alimento, di micro e macro parassiti, quali batteri, virus, funghi, protozoi, vermi o sostanze nocive.
Cosa può fare il consumatore per ridurre il rischio di contaminazione microbica degli alimenti?
Il primo passo deve essere fatto al momento dell’acquisto. Per prima cosa occorre controllare che le confezioni siano integre e che quelle dei prodotti refrigerati o surgelati non siano bagnate o ricoperte di brina o ghiaccio. E’ buona regola controllare che il freezer del negozio abbia un termometro che indichi la temperatura e verificare che questa sia adeguata agli alimenti che vi sono conservati: prodotti refrigerati da +0 a +4 gradi, surgelati ≤ a -18 gradi e congelati da -7 a-12 gradi.
Il secondo punto è leggere l’etichetta. La prima cosa da controllare, a seconda del tipo di alimento, è la data di scadenza o il termine minimo di conservazione (TMC). Quest’ultimo di solito è seguito dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”.
Cos’è il TMC?
E’ la data fino alla quale il prodotto, in adeguate condizioni di conservazione, mantiene le sue proprietà specifiche. Oltre questo termine si potrebbero modificare le caratteristiche organolettiche, come il sapore, l’odore… ma la sicurezza per la salute, viene mantenuta. A differenza del TMC, la data di scadenza è più rigida ed è seguita dalla dicitura “da consumarsi entro…”. Viene inserita sugli alimenti facilmente deperibili come latte, yogurt, formaggi, ecc. e non bisogna consumare questi alimenti dopo tale data, per evitare un rischio per la salute.
Il terzo punto riguarda la “catena del freddo”. Questa espressione indica il mantenimento della giusta temperatura di conservazione dei prodotti surgelati, in tutte le fasi, dalla produzione fino al consumo. E’ importante non interrompere tale catena per garantire il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e il profilo di sicurezza degli alimenti.
Cosa possiamo fare per non interrompere questa catena?
Qualche piccola accortezza ci può aiutare. Il trasporto dal negozio a casa deve avvenire nel minor tempo possibile, per questo è importante evitare fermate intermedie e lasciare le borse della spesa in macchina. Acquistiamo i surgelati e gli alimenti facilmente deperibili per ultimi e mettiamoli, tutti insieme, in appositi contenitori termici fino a casa, soprattutto in estate. Una volta arrivati a destinazione sarà fondamentale conservare gli alimenti nel modo più appropriato, nella dispensa, in frigorifero o in congelatore. Sicuramente, seguendo queste precauzioni, imparerete facilmente ad acquistare e a trasportare i cibi nel modo migliore e a ridurre il rischio di contaminazione microbica dei vostri alimenti.
Nella seconda parte dell’articolo vi parlerò della corretta conservazione dei cibi nell’ambiente domestico.
Il tema della sicurezza alimentare sta molto a cuore a noi consumatori e interessa tutti (adulti, bambini, anziani, persone in salute e malate), perché più volte al giorno consumiamo alimenti e bevande.
Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di emergenze sanitarie che hanno interessato il settore alimentare. Vedi la “mucca pazza”, l’influenza aviaria, infezioni da patogeni come Salmonella e Listeria monocytogenes, solo per citarne alcune. Tutto questo ha creato allarme tra i consumatori e spesso sfiducia nei confronti degli organi deputati al controllo.
I cambiamenti che ci sono stati a partire dalla seconda metà del secolo scorso, hanno portato a una maggiore globalizzazione, con conseguenti scambi di materie prime e prodotti alimentari. Il consumo, sempre maggiore, di alimenti esotici che provengono da paesi con legislazioni non particolarmente restrittive come quella europea, hanno portato le Autorità che si occupano di sicurezza alimentare, a dover risolvere dei punti critici per poter garantire sicurezza nel settore.
A livello mondiale la FAO e l’OMS sono le organizzazioni che si occupano della sicurezza degli alimenti. Nel 1963 hanno creato il Codex Alimentarius, un insieme di linee guida e codici di buone pratiche, che contribuisce al miglioramento della sicurezza, qualità e correttezza del commercio mondiale di alimenti. Grazie a queste linee guida, noi consumatori siamo sempre più tutelati sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti che acquistiamo.
In Europa dal 2002 è stata istituita l’European Food Safety Authority (EFSA), con sede a Parma, che ha il compito di “fungere da fonte imparziale di consulenze scientifiche per i gestori del rischio e di svolgere attività di comunicazione sui rischi associati alla filiera alimentare”. Inoltre, “fornisce le basi scientifiche per disposizioni legislative e regolamentari al fine di tutelare i consumatori europei dai rischi correlati agli alimenti, dal produttore al consumatore”. Il suo ambito di competenza riguarda la nutrizione umana, la salute e il benessere animale, la sicurezza degli alimenti e dei mangimi, la protezione e la salute delle piante.
Alla luce di ciò, produttori e distributori devono garantire elevati standard di sicurezza e seguire le indicazioni fornite dagli organi di controllo, ma non dimentichiamoci del ruolo che abbiamo come consumatori finali.
Secondo l’EFSA circa il 40 % dei focolai di malattie a trasmissione alimentare ha origine tra le mura domestiche. Questo ci fa capire quanto sia fondamentale il nostro ruolo come responsabili dell’acquisto, della conservazione e del corretto uso del cibo che consumiamo. Ricordiamoci che il “rischio zero” non esiste, ma seguire poche e semplici regole ci aiuta a renderlo molto basso.
Nei prossimi articoli del blog affronterò il tema della contaminazione microbica degli alimenti.
Per questo piatto ho voluto provare il cous cous israeliano che è molto più grande di quello classico. Devo dire che ha riscosso successo tra gli ospiti della cena e ho pensato di condividere la ricetta con voi. E’ molto semplice da preparare e non richiede particolari abilità culinarie.
Per prima cosa ho lessato il cous cous, come indicato sulla confezione. Una volta cotto l’ho raffreddato sotto l’acqua corrente e l’ho lasciato scolare per bene. Nel frattempo mi sono dedicata alla preparazione degli altri ingredienti. Ho tagliato le zucchine a cubetti, le ho saltate in padella con un po’ di olio extra vergine di oliva e le ho fatte raffreddare. In un’altra padella, ho scottato i gamberetti sgusciati (per comodità ho preso quelli surgelati) e fatto raffreddare anche loro. Ho tagliato i pomodori a pezzetti e li ho fatti sgocciolare un po’ per non avere un eccesso di acqua nel cous cous.
A questo punto ho unito tutti gli ingredienti. In una ciotola capiente ho versato il cous cous, i ceci cotti, i gamberetti, le zucchine e i pomodori a cubetti. Ho aggiunto l’olio extra vergine di oliva, un po’ di sale (mi raccomando, usatene sempre con parsimonia), le erbe di provenza in polvere e un po’ di menta (io ho usato quella essiccata, ma può essere utilizzata anche quella fresca). Ho mescolato tutto accuratamente e ho impiattato.
Il risultato è quello che vedete nella foto. Se dovesse avanzare,ma dubito, potete conservarlo in frigorifero e consumarlo il giorno seguente. E’ un piatto unico, fresco e gustoso, vi consiglio di provarlo. Se siete vegetariani o vegani, potete eliminare i gamberetti e raddoppiare la dose dei ceci.
La colazione è il primo pasto della giornata ed è importante per tutti.
Ma perché è così importante?
Al mattino il corpo ha “sulle spalle” il digiuno notturno, quindi, mangiare adeguatamente gli consente di prepararsi alle attività quotidiane. Concetto semplice e anche abbastanza scontato, ma spesso non lo si mette in pratica.
Molte volte si presentano in ambulatorio pazienti, sia adulti che bambini, per un percorso di educazione alimentare e troppe volte, dalla mia indagine, emerge che non fanno colazione in modo adeguato o, peggio ancora, che la saltano completamente. Quando chiedo il motivo, le risposte sono diverse: “ho lo stomaco chiuso…vado di fretta…faccio il turno del mattino e non riesco a mangiare…non l’ho mai fatta…” Sicuramente le motivazioni possono essere tante, ma giuste o sbagliate che siano, l’importante è trovare il modo corretto per iniziare a farla.
Cosa ci dicono gli studi?
Numerosi lavori scientifici dimostrano che un’adeguata prima colazione favorisce il mantenimento di un peso corporeo corretto, è associata a migliori performance cognitive, minor rischio di sindrome metabolica, diabete e malattie cardiovascolari.
Altro punto molto interessante, emerso da questi studi, è legato al consumo di una colazione adeguata: “se facciamo colazione, una parte significativa dell’apporto energetico sarà assunto nella prima parte della giornata e questo condizionerà i pasti successivi, influenzando il ritmo fame/sazietà nelle 24 ore. Inoltre, sembra anche essere associato ad un minor consumo di spuntini spesso inadeguati, sia qualitativamente che quantitativamente”.
E’ chiaro che va fatta!
Dolce o salata che sia, l’importante è farla.
Definiti alcuni punti fondamentali, possiamo dare spazio alla nostra fantasia e comporla come più ci piace. Vediamo insieme cosa ci deve fornire e quanto deve essere calorica.
In merito a questo ultimo punto, dovrebbe apportare tra il 15 e il 25% delle calorie da assumere quotidianamente, correttamente ripartite tra i vari macro e micronutrienti (carboidrati, grassi, proteine, fibra, minerali e vitamine). Ad esempio, per un fabbisogno quotidiano di 2000 kcal ne deve apportare tra le 300 e le 500.
Ricordiamoci che veniamo dal digiuno notturno e in quelle ore il corpo ha consumato soprattutto il glicogeno muscolare, “lo zucchero dei muscoli”. Quindi, sarà fondamentale reintegrarlo con il giusto apporto di carboidrati, soprattutto complessi, che dovranno rappresentare più del 50% dell’energia fornita dalla colazione. Diamo spazio a cereali, fette biscottate, biscotti secchi, dolci da forno, pane…
Non esageriamo con lo zucchero. Scegliamo alimenti che ci saziano di più come quelli integrali, per il loro contenuto in fibra alimentare e non dimentichiamoci della frutta fresca. Per completare, aggiungiamo latte o yogurt o bevande vegetali e prediligiamo quelle che hanno una composizione più vicina al latte. Per reintegrare i liquidi persi durante la notte, ricordiamoci di bere adeguatamente e se non assumiamo latte o bevande vegetali, si può bere acqua, tè, tisane…
Per chi preferisce la colazione salata, attenzione a non esagerare con i formaggi o le uova e soprattutto con gli affettati o insaccati, vi ricordo che le ultime Linee guida per una sana alimentazione, ne consigliano un consumo occasionale (se volete consultarle, trovate il link nella bibliografia). I formaggi potrebbero essere sostituiti con yogurt greco bianco (più denso dell’altro), da spalmare su una fetta di pane integrale, al quale si potrà aggiungere erba cipollina o altre erbe aromatiche o spezie e guarnito con qualche fettina di cetriolo.
Avete mai pensato ad una colazione salata a base di soli alimenti vegetali?
Un’idea potrebbe essere quella di spalmare su una fetta di pane una crema di legumi, ad es. ceci o lenticchie. Aggiungiamo qualche pomodorino o del sedano oppure altre verdure che ci offre l’orto. Completiamo con un po’ di olio extra vergine di oliva e delle erbe aromatiche per dare gusto e profumo.
In Costa Rica a colazione viene servito il “gallo pinto”, un piatto a base di riso e fagioli neri, li avete mai provati? Sono molto gustosi. Nella bibliografia trovate il link con la ricetta con la ricetta che ho pubblicato qualche anno fa.
Fin dall’antichità, le piante aromatiche sono state utilizzate nella preparazione dei cibi e delle bevande, sia per arricchirne il sapore che per conservarli. La loro storia parte da molto lontano.
Già diversi secoli prima di Cristo, erano state scoperte le capacità di queste piante nel rallentare la decomposizione degli alimenti, consentendone una migliore e più lunga conservazione. La prima testimonianza dell’utilizzo delle piante aromatiche in cucina, risale al III secolo d.C. nel “De re coquinaria”. Un manoscritto redatto circa due secoli dopo la morte del gastronomo romano Marco Gavio Apicio, che raccoglie ricette culinarie dell’antica Roma. Le piante aromatiche erano molto utilizzate nella cucina romana e giungevano a Roma dalla Cina e dall’India, lungo le vie delle carovane come quella “della seta”.
Alla fine del 1300, lo chef dei sovrani francesi Filippo VI, Carlo V e Carlo VI di Francia, Guillaume Tirel, descrisse l’uso specifico di ogni erba ne “Le Viandier”. Nel suo ricettario consigliava l’utilizzo delle erbe per profumare e preservare le carni e il pesce, che difficilmente si sarebbero conservate senza refrigerazione.
Fanno parte delle piante aromatiche le erbe e le spezie che, spesso, sono confuse tra loro. Le erbe aromatiche sono parti verdi o foglie delle piante e possono essere utilizzate anche senza l’essiccazione. Tra queste troviamo il rosmarino, la salvia, il prezzemolo, il basilico, l’erba cipollina, ecc., tutte molto utilizzate e apprezzate sia fresche che essiccate.
A differenza delle erbe aromatiche, le spezie, solitamente sono ricavate da parti differenti di diverse piante. La corteccia per la cannella, le bacche per il pepe, i semi per la senape, gli stigmi per lo zafferano, le radici per lo zenzero, ecc. Queste parti della pianta sono lavorate, spesso essiccate e utilizzate per dare sapore alle pietanze.
Mentre in passato le piante aromatiche venivano principalmente utilizzate in quantità elevate e insieme al sale, per conservare i cibi, oggi questo scopo è stato abbandonato, grazie all’utilizzo di sistemi di conservazione moderni e molto più efficienti. Vengono usate nelle ricette tradizionali in molte parti del mondo, per dare aroma e profumo agli alimenti e rendere raffinata e speciale anche la ricetta più semplice.
Secondo le “Linee guida per una sana alimentazione”, l’utilizzo di spezie ed erbe aromatiche in cucina è consigliato per migliorare le qualità organolettiche degli alimenti e per ridurre o eliminare il sale, che spesso si usa in quantità troppo elevata.
I responsabili dell’aroma, del profumo, del sapore e del colore che caratterizza le piante aromatiche sono i composti fitochimici. Tra questi troviamo i carotenoidi, i polifenoli, i fitosteroli, ecc., ognuno con le sue caratteristiche. Oltre a queste molecole si possono trovare vitamine, sali minerali e altri elementi in elevata concentrazione. Si sente, infatti, spesso esaltare il contenuto di vitamina C del basilico, il calcio della salvia, gli antiossidanti del prezzemolo, ecc., ma, anche se il contenuto è elevato, non dobbiamo dimenticare che in cucina se ne usano piccole quantità, tali da rendere trascurabile il loro contenuto in micronutrienti.
Non dobbiamo dimenticare che nei vegetali possono essere presenti anche molecole potenzialmente tossiche o cancerogene come il metil-eugenolo che si trova nel basilico e nella noce moscata o l’estragolo presente nei semi di finocchio. Questo non vuol dire che non dobbiamo più insaporire il nostro sugo con un po’ di basilico o aromatizzare il purè con la noce moscata. E’ importante non usare sempre le stesse erbe o spezie, ma variare e non esagerare con la quantità.
Un’attenzione particolare va posta sui bambini piccoli. Al di sotto di un anno di età è sconsigliata l’aggiunta di spezie e di sale nelle pappe, sia per ragioni tossicologiche che di salute. Le basse dosi per un adulto possono diventare elevate in un individuo al di sotto dei 10 kg di peso. Inoltre, per una corretta educazione al gusto, è molto importante alterare il meno possibile il sapore delle pietanze. Quindi erbe aromatiche e spezie nelle giuste quantità, solo per i bambini più grandi, cercando di variare il più possibile.
La zucca nell’orto è pronta e oggi vi propongo una ricetta molto semplice per preparare questa gustosa verdura: polpette di zucca, quinoa e provola affumicata. Il procedimento richiede un po’ di tempo, ma una volta pronte, le potete congelare e utilizzare in altre occasioni.
Per prima cosa tagliate la zucca a metà, togliete i semi e tagliatela grossolanamente. Cuocetela in una pentola capiente con tutta la buccia. Quando la polpa si sarà ammorbidita, scolatela, fatela raffreddare e cominciate a staccare la polpa dalla buccia con un cucchiaio. Per la ricetta servono circa 600 g di polpa che verrà frullata per creare un impasto omogeneo.
Intanto che la zucca si lessa, cuocete in acqua bollente la quinoa, scolatela bene e fatela raffreddare. Nel frattempo tagliate la provola a pezzi e frullatela in modo da ridurla a granella.
Unite tutti gli ingredienti: polpa di zucca frullata, quinoa, provola affumicata, olio, sale e pepe. Mescolate bene e in ultimo unite il pangrattato un poco alla volta. Se l’impasto dovesse risultare molto morbido bisognerà usare più pangrattato. Consiglio sempre di aggiungerlo poco alla volta per arrivare alla giusta consistenza (l’impasto si deve poter lavorare con le mani per formare delle polpette).
A questo punto prendete una piccola dose di impasto e iniziate a preparare le polpette. Una volta pronte, passatele nel pangrattato e cuocetele in forno ventilato a 180 °C per circa 10-15 minuti, avendo l’accortezza di girarle a metà cottura. Per evitare di farle attaccare, utilizzo la carta da forno unta con un po’ di olio extra vergine di oliva. Consiglio di utilizzare un pennello per ungerla bene, in questo modo si utilizzerà pochissimo olio. Una volta cotte sfornatele e servitele calde.
Come anticipato quando vi ho parlato della sindrome del colon irritabile, oggi vi spiegherò meglio cos’è la dieta a basso contenuto di FODMAPs.
Cosa significa questo strano nome?
Si tratta di un acronimo dei termini inglesi: fermentable oligosaccharides, disaccharides, monosaccharides and polyols, ovvero oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili.
Dal momento che per i “non addetti ai lavori” questi termini potrebbero non essere chiari, vi spiego meglio di cosa si tratta. Stiamo parlando di un gruppo di carboidrati che comprende fruttosio, lattosio, fruttani, galattani e polioli.
Queste molecole hanno delle caratteristiche comuni:
sono poco assorbite dall’intestino tenue
sono in grado di richiamare acqua nel lume intestinale
vengono fermentate dalla flora batterica intestinale, con produzione di gas.
In alcuni soggetti, la presenza di queste molecole nell’intestino, provoca accumulo di liquidi e gas che causano gonfiore e distensione dell’addome, con conseguente dolore e alterazione del transito intestinale.
Dove si trovano i FODMAPs?
I FODMAPs sono presenti in diversi alimenti. Il lattosio è lo zucchero del latte, il fruttosio lo troviamo nella frutta e nel miele, i legumi sono ricchi di galattani. I fruttani sono presenti in molti cereali come il farro, il frumento, l’orzo, ecc. I polioli si trovano in alcuni frutti e vengono utilizzati come dolcificanti. Spesso ci sarà capitato di leggere sull’involucro delle caramelle o delle gomme da masticare, la presenza di xilitolo o di mannitolo, due polioli. Inoltre, sempre in etichetta, viene riportato il rischio di effetti lassativi a seguito di un consumo elevato. Questo a riprova della capacità di richiamare acqua nel lume intestinale.
Come nasce questo tipo di dieta?
Nel 2004 i ricercatori della Monash University di Melburne, proposero di utilizzare un’alimentazione a basso contenuto di FODMAPs per ridurre e controllare i sintomi della sindrome del colon irritabile (IBS). L’idea di utilizzare questo tipo di dieta nacque analizzando studi che collegavano l’assunzione di alcuni alimenti, ad un incremento della sintomatologia intestinale, mentre l’eliminazione degli stessi, portava ad un miglioramento.
Secondo le ultime linee guida per il trattamento dell’IBS, pubblicate a gennaio 2021, sull’American Journal of Gastroenterology, a supporto di questo tipo di dieta non ci sono molte evidenze scientifiche, perché i dati sono ancora pochi e discordanti. Comunque, alcuni studi evidenziano un miglioramento della sintomatologia intestinale, soprattutto in merito al dolore e al gonfiore.
In cosa consiste la dieta a basso contenuto di FODMAPs?
E’ una dieta costituita da tre fasi: nella prima vengono eliminati gli alimenti ad alto contenuto di FODMAPs e ha una durata di 2-6 settimane. Nella seconda fase, vengono progressivamente reintrodotti gli alimenti che sono stati eliminati nella prima, dopo averli suddivisi in gruppi, in relazione alle diverse molecole che contengono. In questo modo si cerca di capire quali sono i FODMAPs che creano maggiori problemi, le quantità tollerate e la frequenza con cui possono essere assunti. Nella terza ed ultima fase, si creerà una dieta bilanciata e variata per cercare di consumare gli alimenti vegetali nelle giuste dosi, facendo attenzione a quelli che possono peggiorare la sintomatologia e che sono stati individuati nella fase di reintroduzione.
Come evidenziato in precedenza, i FODMAPs sono particolarmente presenti negli alimenti vegetali. Dal momento che verdura, frutta, legumi e cerali sono fondamentali per la nostra salute, non si può pensare di escludere dalla dieta e per lunghi periodi, una grossa fetta di questa categoria. Oltre a potenziali squilibri nutrizionali, la privazione di tali alimenti potrebbe causare un’alterazione della flora batterica intestinale con un peggioramento della sintomatologia.
E’ importante evitare il “fai da te” ed è fondamentale affidarsi a mani esperte, affinché l’alimentazione sia bilanciata e adeguata. Questa dieta non può essere improvvisata e occorre seguire tutte le fasi, con l’aiuto di un nutrizionista esperto in questo tipo di alimentazione, per evitare squilibri o carenze nutrizionali.
A grande richiesta vi scrivo la ricetta dei muffins mele e ricotta, in molti me l’avete chiesta dopo aver visto il post di facebook. Se invece dei muffins preferite fare una torta, potete usare lo stesso impasto per una teglia da circa 24 cm.
Per prima cosa bisogna separare gli albumi dai tuorli, metterli in una ciotola e montarli a neve ben ferma. In un altro contenitore sbattere i tuorli con lo zucchero fino a formare un composto spumoso. Aggiungere la ricotta setacciata, il latte, la buccia e il succo di limone e continuare a mescolare fino ad ottenere un impasto omogeneo. A questo punto unire la farina setacciata e la bustina di lievito per dolci. Quando il composto sarà ben amalgamato unire gli albumi montati con un cucchiaio e mescolare delicatamente dal basso verso l’alto per evitare di smontarli.
Adesso non resta che aggiungere l’ultimo ingrediente. Sbucciare e tagliare le mele a pezzetti e unirle all’impasto. Prendere una teglia da muffins, inserire all’interno dei fori i pirottini di carta e con un cucchiaio versare il composto e riempirli per ¾.
Per fare in modo che la carta si stacchi bene dal muffin una volta cotto, prima di versare il composto, spennellare ogni pirottino con un po’ di burro fuso. Infornare per circa 25-30 minuti in forno preriscaldato a 180° e ventilato. Il tempo di cottura potrebbe variare a seconda del tipo di forno, per non sbagliare faccio sempre la prova con lo stecchino.
Quante volte abbiamo sentito i nostri parenti o amici ripeterci che il fastidioso mal di pancia e il gonfiore sono dovuti solo alla stanchezza e allo stress…
Ma, io non sono stressata! Eppure, spesso mi tocca correre in bagno, ma se il bagno non c’è? Oddio come faccio! A volte, invece, mi sembra di esplodere, ho la sensazione di avere un bel pallone gonfio nella pancia. Come se non bastasse, non riesco nemmeno ad andare in bagno. Quando finalmente riesco a liberarmi, mi sembra di essermi trasformata in una capra…tante palline dure come sassi che fanno “plin plin” ogni volta che cadono nell’acqua del water… ma possibile che non ci sia niente per risolvere questo spiacevole disturbo intestinale?
Vi ho appena descritto alcune cose che possono accadere a chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile (IBS). Un disturbo gastrointestinale funzionale cronico, caratterizzato da dolore addominale, fastidio associato ad una defecazione alterata, gonfiore, tensione addominale e sensazione di evacuazione incompleta. A questi sintomi, spesso se ne associano altri extraintestinali, come debolezza, affaticamento, cefalea e disturbi del sonno. L’IBS si presenta in circa l’11% della popolazione mondiale e colpisce soprattutto le giovani donne di età compresa tra i 20 e i 50 anni.
Le cause che ne determinano l’insorgenza, sono ancora sconosciute. In passato è stato considerato un disturbo psicosomatico, ma studi recenti hanno chiarito che le cause possano essere molteplici e riguardare sia la sfera psicosociale che fattori biologici predisponenti. Tra questi ultimi possiamo trovare una motilità intestinale alterata, un aumento della sensibilità intestinale al dolore oppure un’infezione acuta. I sintomi che affliggono le persone affette da sindrome dell’intestino irritabile hanno un forte impatto negativo sulla qualità di vita e rappresentano un onere finanziario significativo. Ciò è dovuto alla ridotta produttività lavorativa e ad un maggior utilizzo di risorse sanitarie.
Dal momento che la sintomatologia che si presenta nell’IBS è la stessa che si può riscontrare in altre patologie intestinali (celiachia, intolleranza al lattosio, sovracrescita batterica, malattie infiammatorie intestinali, ecc.), si potrebbe fare confusione. Risulta, quindi, fondamentale affidarsi allo specialista. Come dico sempre, “evitiamo il fai da te”. Sarà il medico che, sulla base di criteri diagnostici internazionali definiti “Criteri di Roma IV”, farà la corretta diagnosi e deciderà cosa è meglio fare.
Lo scorso gennaio sono uscite le nuove linee guida dell’American Journal of Gastroenterology per la gestione della sindrome dell’intestino irritabile, dove vengono indicate le raccomandazioni da seguire. Per il trattamento vengono utilizzati diversi approcci tra cui l’utilizzo di farmaci, psicoterapia, corrette abitudini alimentari e stile di vita adeguato. Per ovvi motivi lascio agli altri specialisti gli argomenti di loro competenza mentre io mi focalizzerò sull’alimentazione e sulle corrette abitudini.
Viene raccomandato di non eseguire test allergici o per le intolleranze alimentari. E’ importante mangiare lentamente, evitare stress termici e il consumo di cibi troppo caldi o troppo freddi. In merito ai probiotici, al momento non esistono indicazioni precise su quali ceppi sia meglio utilizzare. Sono necessari ulteriori studi per poter dare delle indicazioni più precise.
Una raccomandazione è anche quella di provare a seguire un’alimentazione a basso contenuto di FODMAPs. Un acronimo che racchiude una categoria di sostanze presenti nei cibi, che potrebbero aumentare il richiamo di acqua nel colon e produrre un’elevata fermentazione batterica, con conseguente produzione di gas e peggioramento dei sintomi addominali.
Al momento, a supporto di questo tipo di dieta non ci sono molte evidenze scientifiche perché i dati sono ancora pochi e discordanti. Alcuni trials evidenziano un miglioramento della sintomatologia intestinale soprattutto in merito al dolore e al gonfiore. Dal momento che si tratta di una dieta di esclusione e reintroduzione, se da una parte si ha un miglioramento della sintomatologia, dall’altra si possono avere carenze nutrizionali, qualora non venisse eseguita in modo corretto e sotto la guida di uno specialista.
Infine, è fortemente raccomandato di incrementare il consumo di fibra solubile ma non di quella insolubile, quindi attenzione agli alimenti integrali ma non bisogna evitare frutta e verdura. Bisognerà fare, comunque, attenzione a non esagerare con i vegetali che contengono elevate quantità di FODMAPs. Nel prossimo articolo approfondirò questo tema per dare qualche ulteriore chiarimento su questa alimentazione.
La settimana tra l’8 e il 14 marzo sarà la “Salt awareness week”, un appuntamento che va avanti da 15 anni e che ha come scopo la sensibilizzazione della popolazione alla riduzione del consumo di sale.
Se da una parte, numerosi studi hanno dimostrato la stretta correlazione tra consumo di sale, ipertensione e rischio cardiovascolare, dall’altra la riduzione del consumo è associata ad una riduzione della pressione arteriosa con tutti i benefici che ne conseguono sulla salute umana.
Ricordiamoci di leggere sempre le etichette nutrizionali ogni volta che andiamo a fare la spesa, perché sono un ottimo mezzo che farci conoscere il contenuto di sale in ogni prodotto che stiamo acquistando.
Ricordiamoci sempre di usarne poco ma iodato!
Nella bibliografia trovate degli approfondimenti molto interessanti da leggere.
Il 10 febbraio si celebra la Giornata mondiale dei legumi.
E’ stata istituita dalla FAO (Food and Agricolture Organization of the United Nations) nel 2019, per dare continuità ai progetti e alle azioni intraprese nel 2016, dichiarato “Anno internazionale dei legumi”. Con questa giornata la FAO vuole celebrare il ruolo fondamentale dei legumi nel combattere la fame nel mondo e nel raggiungimento di una sana alimentazione per tutti.
Il tema del 2021 è: “Ama i legumi – per un’alimentazione sana e un pianeta sano”. E’ importante aumentare la consapevolezza sui benefici nutrizionali di questi prodotti della terra e sul loro contributo ad un’alimentazione sostenibile. Secondo la FAO, i legumi contribuirebbero a sfamare la popolazione mondiale in continua crescita e la loro coltivazione avrebbe un impatto ambientale molto più basso rispetto all’allevamento animale.
Per approfondire l’argomento, vi rimando a due articoli che ho scritto qualche anno fa in occasione dell’Anno internazionale dei legumi.
I legumi si prestano per essere impiegati in tante preparazioni culinarie tipiche della tradizione mediterranea (pasta e fagioli, ribollita, risi e bisi…), ma negli ultimi anni li abbiamo messi da parte. Questo ha causato un aumento della frequenza di consumo di alimenti di origine animale a discapito di quelli vegetali. Inoltre, molto spesso, nelle nostre tavole compaiono come contorno e non come secondo piatto.
Dobbiamo riscoprire l’importanza e il ruolo dei legumi nella nostra alimentazione e aumentarne il consumo settimanale. Come indicato nelle ultime Linee Guida per una Sana Alimentazione è bene mangiarli 2-4 volte a settimana e se gradito, anche di più.
Per invogliarvi a sperimentare nuove preparazioni a base di legumi, di seguito trovate i link che vi rimandano alle ricette che ho pubblicato sul sito.
Il cibo che consumiamo è una risorsa preziosa che non va sprecata. Conoscere l’importanza degli alimenti è fondamentale per nutrirci in modo corretto e per imparare a non gettarlo, nel rispetto della salute e dell’ambiente. A tal proposito, venerdì 5 febbraio 2021 sarà l’8° giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare.
Secondo gli ultimi dati disponibili, che risalgono al 2018, la quantità di alimenti, ancora buoni da mangiare, che vengono cestinati è molto alta. Ogni famiglia getta, in media 370 g a settimana di cibo e tra questi, i prodotti più deperibili sono quelli più sprecati.
Nell’elenco troviamo la frutta fresca, la verdura, il pane, seguono le uova, il latte e i suoi derivati come yogurt e budini. Analizzando i tipi di spreco, si è visto che la popolazione italiana getta nella spazzatura prodotti completamente inutilizzati (43,2%), prodotti aperti ma non finiti perché scaduti (30,3%), mentre gli avanzi del piatto e quelli conservati ma poi gettati (rispettivamente 14,6% e 11,9%) costituiscono un quarto dello spreco alimentare domestico.
Si riscontra una maggiore propensione allo spreco alimentare nelle famiglie monocomponenti e nei segmenti di età più giovane. Mentre con l’aumentare dell’età del responsabile degli acquisti, si tende a diventare più virtuosi. Anche il reddito è uno dei responsabili, perché il numero delle famiglie che gettano via il cibo, aumenta all’aumentare della disponibilità economica.
Il problema dello spreco alimentare si riflette negativamente sia sull’ambiente che sul bilancio economico familiare. Secondo gli ultimi dati è stato calcolato uno spreco alimentare di circa 8,7 € a settimana a famiglia, che in un anno ammontano a più di 400 €.
Sempre dall’indagine del 2018 emerge che il fattore tempo e gli imprevisti giocano un ruolo importante nella gestione degli alimenti. A causa della vita frenetica a cui siamo sottoposti, il tempo risulta essere spesso troppo scarso, a discapito della preparazione dei piatti.
Consigli utili per evitare lo spreco alimentare
Sicuramente, in una società che “va di corsa” come la nostra è fondamentale l’organizzazione della spesa e la pianificazione dei pasti. Oltre a prevenire lo spreco, ci forniscono un’arma vincente per imparare a mangiare correttamente e tutelare la nostra salute. Quindi, in primis, facciamo attenzione quando andiamo a fare la spesa. Prima di farla è importante stilare una lista sulla base della pianificazione dei pasti settimanali e può essere utile seguire questi semplici consigli:
Fai attenzione a quello che hai in casa e controlla sempre le date di scadenza dei prodotti.
Evita di andare al supermercato “affamato” perché rischi di acquistare più del necessario.
Attenzione alle confezioni “formato famiglia”, spesso hanno prezzi convenienti ma non è detto che riflettano le tue reali esigenze.
Leggi sempre l’etichetta per conoscere meglio ciò che stai acquistando, per capire il modo migliore per conservarlo e la data di scadenza.
Se fai una “grande spesa settimanale” per ottimizzare il tempo, ricordati di consumare per primi gli alimenti a breve scadenza e facilmente deperibili (ad esempio: prima l’insalata e dopo i broccoli perché si conservano più a lungo).
Impara a sistemare gli alimenti nella dispensa o nel frigorifero in base alla deperibilità o alla data di scadenza. Metterai davanti quelli che dovranno essere consumati per primi.
Tieni la frutta bene in vista in modo che possa essere consumata da tutti i familiari, anche come merenda.
A tavola servi porzioni piccole e prima di iniziare a cucinare, calcola sempre le quantità adeguate per adulti e bambini. Impara ad utilizzare gli avanzi per realizzare nuove ricette oppure portali al lavoro.
Controlla sempre i tuoi rifiuti perché ti aiuterà ad organizzare al meglio la spesa e a fare acquisti oculati, sulla base delle reali necessità alimentari familiari.
Ricorda: con un po’ di organizzazione e pianificazione tutto diventa più semplice!
L’educazione alimentare è un metodo interattivo di “insegnamento”, che, con tecniche diverse, è utile a tutti, grandi e piccoli. Abituare i più giovani ad una dieta varia ed equilibrata è il modo migliore per mantenere corrette abitudini alimentari anche da adulti, perché chi mangia bene da piccolo, mangerà bene anche da grande.
Seguire un percorso di educazione alimentare significa imparare a non diventare schiavi delle diete, a non farsi prendere da ansia, insicurezza e disagio di fronte al cibo, un “problema” che bisogna affrontare e risolvere almeno tre volte al giorno.
Aiuta gli adulti ad abbandonare le abitudini alimentari scorrette, spesso dettate da una vita quotidiana frenetica, che, protratte nel tempo, potrebbero condurre ad un’alterazione dello stato di salute.
Aiuta i giovani a non farsi confondere e cadere nelle trappole mediatiche che seguono le mode del momento. Mette in guardia dalle diete “fai da te” che si trovano su riviste e siti poco attendibili. Diete che spesso sono carenti di nutrienti fondamentali per la crescita risultando, in tal modo, fortemente sbilanciate e non adatte alle esigenze individuali.
Proposta attraverso il gioco, serve ai bambini per imparare a conoscere i cibi e la loro importanza nell’alimentazione quotidiana ed è utile come supporto ai genitori, affinché possano acquisire nozioni fondamentali per adottare uno stile alimentare sano ed equilibrato, utile a tutta la famiglia.
Se vuoi iniziare un percorso di educazione alimentare, contattami per fissare un appuntamento. I percorsi posso essere sia individuali che in gruppo, ad es. più persone della stessa famiglia.
La corretta alimentazione gioca un ruolo molto importante nella prevenzione di alcune patologie, di natura cronica, che si riscontrano molto frequentemente nella popolazione e che rappresentano, il principale rischio per la salute umana.
E’ ampiamente dimostrato che l’inattività fisica e i comportamenti alimentari scorretti, perpetuati nel tempo, causano ogni anno un numero sempre crescente di malattie, come il diabete, l’obesità, i tumori e le malattie cardio-vascolari. Come è vero che alcuni alimenti possono provocare la malattia, è anche vero che numerosi sono quelli in grado di prevenirla e curarla.
Eliminando i principali fattori di rischio ed alimentandosi correttamente, si potrebbero prevenire, nella maggior parte dei casi, tali patologie invalidanti e migliorare lo stato di salute.
Se il medico ti ha diagnosticato una patologia che può trarre giovamento da un miglioramento dello stile di vita, come l’obesità, la sindrome metabolica, il diabete tipo II, l’ipertensione, ecc., contattami per fissare un appuntamento.
Per gravidanza e allattamento
Un buono stato nutrizionale della madre, ancor prima della gravidanza e una corretta alimentazione durante la gestazione e per il periodo dell’allattamento, sono condizioni fondamentali per la prevenzione di patologie neonatali.
Alimentarsi correttamente senza eccessi o carenze, è un requisito indispensabile per garantire la normale crescita del feto e delle strutture materne necessarie durante la gestazione (placenta, ghiandole mammarie, sangue, ecc.).
Un’alimentazione adeguata, è necessaria anche per costituire i depositi energetici in grado di soddisfare le richieste che si presentano al momento del parto e durante l’allattamento. In tal modo si evitano deficit nutrizionali che si possono ripercuotere, sia sulla salute della madre, che su quella del neonato.
E’ fondamentale non mangiare per due ma due volte meglio!
Se sei in incinta o stai allattando e vuoi capire come alimentarti correttamente, contattami per fissare un appuntamento.
Per menopausa
La menopausa e il climaterio rappresentano due fasi della vita della donna caratterizzate da profondi cambiamenti, sia ormonali che metabolici. Si assiste ad una diminuzione dei bisogni energetici, con conseguente aumento del grasso corporeo, che si deposita soprattutto nella regione addominale.
La riduzione degli estrogeni si traduce anche con una maggiore perdita di calcio dalle ossa, che le rende più fragili, con aumento del rischio di fratture.
Da qui nasce l’importanza di una dieta corretta e bilanciata perché contribuisce ad attenuare alcuni spiacevoli sintomi, ad evitare la comparsa di patologie e a garantire alla donna un buono stato di salute.
Se sei in menopausa o se stai entrando in questa fase della vita e iniziano i primi sintomi come le vampate, l’insonnia o l’aumento del grasso addominale, contattami per fissare un appuntamento.
Fin da piccoli è importante instaurare un corretto stile di vita, un’alimentazione sana e adeguata diventa, quindi, un obiettivo imprescindibile. Le sane abitudini che si apprendono nell’età infantile ci accompagnano per tutta la vita e sono fondamentali per ridurre il rischio di malattia da adulti.
Tutti i genitori dovrebbero educare i propri figli a una dieta sana, bilanciata, non monotona e dalle giuste porzioni, ma non sempre si riesce.
Spesso i cibi salutari non sono graditi e allora si cerca di trovare la soluzione, pur di veder mangiare il nostro bambino, proponendo delle alternative più invitanti.
Se ti stai chiedendo come poter insegnare a tuo figlio a mangiare alimenti corretti, la risposta la puoi trovare in un percorso di educazione alimentare. I bimbi sono sempre felici di apprendere cose nuove e di sperimentarle. Attraverso il gioco e tanti piccoli trucchi, si possono contrastare le cattive abitudini e migliorare l’alimentazione.
Se tuo figlio/a ha compiuto i 6 anni di età, può iniziare un percorso insieme a me. Contattami per fissare un appuntamento.
Uno stile di vita sano che comprenda una dieta regolare, attività fisica e corretta idratazione, è fondamentale per il benessere gastrointestinale e per migliorare o prevenire eventuali patologie.
Tuttavia, il rispetto di tali comportamenti può essere piuttosto impegnativo. I nostri ritmi, sempre più veloci, rendono difficile consumare un pasto salutare. Spesso ci troviamo a mangiare di corsa o addirittura saltiamo i pasti per concentrare tutto nella cena.
Anche la componente emotiva riveste un ruolo importante, la fretta e lo stress incidono negativamente sul benessere gastrointestinale e spesso non riusciamo a trovare tempo nemmeno per fare una passeggiata in tranquillità. Tutto ciò si traduce in un’alta prevalenza di malattie dell’apparato digerente e non solo.
Tra queste troviamo la difficoltà a digerire, la sindrome dell’intestino irritabile, la gastrite, il reflusso, le cistiti ricorrenti, l’emicrania, il gonfiore addominale, la flatulenza e altre.
Se il medico ti ha fatto una diagnosi e vuoi capire come modificare la tua alimentazione per cercare di migliorare la sintomatologia, contattami per fissare un appuntamento.
Per ottenere una forma fisica ottimale, la corretta alimentazione svolge un ruolo fondamentale ed è un presupposto indispensabile quando si pratica attività sportiva.
E’ importante sottolineare che non esistono alimenti “magici” in grado di migliorare la prestazione atletica, ma solo una dieta adeguata e bilanciata, è in grado di promuovere e conservare il benessere psicofisico dell’individuo.
Attraverso gli alimenti, si assumono i nutrienti indispensabili per svolgere le funzioni fisiologiche, per aumentare la massa muscolare e per reintegrare le perdite dovute all’allenamento.
Affinché un’alimentazione risulti sana ed equilibrata deve rispettare alcuni presupposti fondamentali, quali:
varietà nella scelta degli alimenti, per assicurare un apporto completo di tutti i nutrienti presenti in natura;
adeguatezza e proporzionalità, sia in apporto energetico che in nutrienti;
corretta distribuzione delle razioni alimentari nell’arco della giornata; per fornire all’organismo un adeguato apporto energetico sia nel corso della prestazione sportiva che durante la giornata, senza sovraccaricare l’apparato digerente con pasti troppo abbondanti.
Un intervento dietetico progettato su ogni atleta, sia agonista che amatoriale, è uno dei fattori che concorrono al rendimento e alla forma fisica. A seconda della disciplina sportiva che si pratica e in relazione alla durata della prestazione atletica, è fondamentale organizzare adeguatamente l’alimentazione durante il periodo di allenamento, prima, durante e dopo la competizione; per assicurare un apporto calorico e di nutrienti sufficiente a coprire i dispendi energetici e le esigenze nutrizionali dell’atleta.
Se pratichi uno sport di endurance come ciclismo, podismo, triathlon, ecc. e vuoi capire come migliorare la tua alimentazione, in funzione degli allenamenti e delle competizioni, contattami!
In collaborazione con organizzazioni, enti, associazioni, privati… organizzo e conduco corsi ed eventi sugli alimenti e la nutrizione, per la divulgazione di corrette e sane abitudini alimentari.
Tra le varie tipologie di incontri:
corsi frontali per adulti, adolescenti e bambini per la diffusione di un corretto stile alimentare;
seminari per la diffusione di notizie, curiosità, novità… in campo alimentare secondo quelle che sono le tendenze del momento;
corsi teorici e pratici in collaborazione con altri professionisti (psicologi, psicoterapeuti, counselors relazionali…) per fare prevenzione e costruire la salute attraverso il cibo.
Ti consiglio di visitare la sezione eventiper vedere i corsi svolti e quelli in programma e se sei interessato ad organizzare un corso tematico, contattami!
Vi scrivo la ricetta per delle crostatine molto gustose e semplici da preparare. Le ho offerte ad un tè con amici e hanno riscosso un grande successo. Iniziate disponendo la farina a fontana sulla spianatoia, aggiungere il cucchiaino di lievito e al centro l’uovo intero e lo zucchero. Sbattete questi ultimi due ingredienti con la forchetta, per farli amalgamare bene. Aggiungete il burro morbido al composto e continuate a mescolare sempre con l’aiuto della forchetta. Quando sarà tutto amalgamato, cominciate a impastare anche la farina, abbandonate la forchetta e usate le mani. Formate un impasto liscio ed omogeneo (servono solo pochi minuti) e lasciatelo riposare.
Nel frattempo prendete 6 stampini per crostatine e imburrateli bene. Dividete l’impasto in due parti ma una parte deve essere un po’ più grande. Da quest’ultima ricavate 6 palline, una per ogni stampo. Schiacciate l’impasto con le mani, ricoprite sia il fondo che i bordi dello stampo e fate qualche buco con la forchetta. Al centro dell’impasto aggiungete un cucchiaino di marmellata di mirtilli e distribuite la marmellata sul fondo.
Adesso bisogna procedere con la copertura. Prendete l’impasto rimasto e con l’aiuto di un po’ di farina, sbriciolatelo sulla spianatoia con le mani. Una volta pronto disponetelo su tutta la marmellata per formare una copertura. Schiacciate leggermente la pasta frolla sbriciolata, per farla compattare un po’ e cuocete in forno ventilato a 180 °C per circa 20-30 minuti. Una volta cotte tirate fuori dal forno le crostatine e lasciatele raffreddare. Rimuovetele dagli stampi, cospargetele di zucchero a velo e aggiungete qualche mirtillo per guarnire… buon appetito!
Per queste polpette utilizzo la curcuma ma se non vi piace il sapore di questa spezia la potete sostituire con il curry o con un po’ di noce moscata.
Vediamo adesso il procedimento per preparare queste gustose polpette che sono un’ottima idea da proporre come piatto unico. Come prima cosa lessare le patate, una volta fredde sbucciarle e schiacciarle con una forchetta. Nel frattempo tritare finemente la carota e lo scalogno, versarli in un tegame capiente e farli rosolare in padella con i quattro cucchiai di olio. Aggiungere gli spinaci e i ceci lessati e farli insaporire insieme agli altri ingredienti. Togliere dal fuoco il tegame e far raffreddare il tutto. Una volta freddo, versare il tutto nel mixer, aggiungere le patate, la curcuma e il parmigiano e frullare fino ad ottenere un impasto omogeneo. Se l’impasto dovesse risultare troppo morbido si può aggiungere un po’ di pangrattato.
Adesso bisogna iniziare a preparare le polpette, con queste dosi se ne possono preparare circa 15 . Una volta pronte impanarle, disporle su un foglio di carta da forno e quindi metterle in teglia. Cuocerle a 180 °C in forno ventilato, per circa 15 minuti, girandole a metà cottura. Un consiglio, per evitare che si attacchino alla carta, ungere il foglio con un po’ di olio di oliva. In questo modo si gireranno facilmente. Servitele calde accompagnate con un po’ di verdura a piacere.
Valori nutrizionali medi per polpetta: Kcal 76, proteine 1.9 g, carboidrati 11 g, grassi 3 g, fibra 0.9 g
La menopausa rappresenta un momento importante della vita della donna. Il termine deriva dalle parole greche μήν, “mese” e παῦσις, “fermata” e corrisponde alla fine del periodo fertile. E’ un processo fisiologico che si manifesta normalmente tra i 45 e i 55 anni, ma non sono rare menopause precoci, prima dei 40 anni, o tardive, dopo i 55 anni. Viene diagnosticata dopo 12 mesi consecutivi di assenza del ciclo mestruale.
La menopausa può anche essere la conseguenza di un intervento chirurgico di asportazione delle ovaie o di un’irradiazione delle stesse o di un trattamento farmacologico, ormonale o chemioterapico. Un caso particolare è rappresentato dall’asportazione dell’utero con conservazione delle ovaie: la donna non ha più mestruazioni, ma la produzione di ormoni ovarici prosegue fino alla menopausa naturale.
E’ caratterizzata da cambiamenti importanti, ma, benché i suoi sintomi potrebbero creare disagio, non va vissuta come una malattia o come un periodo di declino, è piuttosto l’ingresso in una nuova fase della vita. Il passaggio non avviene all’improvviso, ma in modo graduale, in un intervallo che varia da alcuni mesi a qualche anno e che si accompagna al progressivo calo della funzione ovarica. Il periodo che precede e segue la menopausa prende il nome di climaterio. Le manifestazioni che lo caratterizzano variano da donna a donna e sono la conseguenza della riduzione della quantità di estrogeni nel sangue. Si possono avere alterazione del ritmo mestruale, peggioramento dei sintomi premestruali, disturbi del sonno, difficoltà di controllo del peso corporeo, instabilità emotiva, vampate di calore e secchezza vaginale.
Con l’allungamento della vita media, le donne trascorrono più di un terzo della loro vita in post menopausa ed è fondamentale che questi anni siano vissuti in modo ottimale, seguendo raccomandazioni adeguate, in considerazione dei cambiamenti ormonali, metabolici e psicologici a cui sono sottoposte. La “caduta” dei livelli degli estrogeni porta a modificazioni che, nel tempo, possono sfociare in patologie. Si possono verificare alterazioni del metabolismo osseo, lipidico e glucidico, con conseguente aumento del rischio di osteoporosi, diabete e malattie cardiovascolari. Si assiste ad una diminuzione del metabolismo, con conseguente riduzione del fabbisogno energetico giornaliero. Aumenta la sedentarietà e spesso fattori psicologici, inducono la donna a mangiare più del necessario. Questi comportamenti possono portare ad aumento del peso corporeo, con accumulo di grasso, soprattutto, a livello addominale (distribuzione “a mela” o androide).
Per tutti questi motivi è opportuno che le donne “si preparino” alla menopausa, pensando alla propria salute in un’ottica di prevenzione, mirata ed efficace, che consentirà di affrontare al meglio l’invecchiamento.
Perché è importante la corretta alimentazione?
La menopausa porta a dei cambiamenti che possono aumentare il rischio di sviluppare diverse patologie. Come per tutte le fasi della vita della donna, anche in questo periodo, la corretta alimentazione è fondamentale per il mantenimento dello stato di salute. Può aiutare ad attenuare alcuni sintomi, a controllare il peso corporeo, i livelli lipemici, glicemici e pressori.
Alcune raccomandazioni importanti riguardano anche lo stile di vita, sarebbe opportuno eliminare il fumo e gli alcolici. Occorre mantenere o aumentare l’esercizio fisico, sia per i suoi benefici nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell’osteoporosi, che per migliorare il tono dell’umore. Inoltre, un’attività fisica adeguata aiuterà ad arginare il naturale aumento di peso collegato alla menopausa. E’ importante fare attenzione anche all’aumento del giro vita e non solo del peso corporeo. È stato dimostrato che la presenza eccessiva di grasso addominale, rappresenta un fattore di rischio per diverse malattie. E’ fondamentale cercare di stabilizzare il proprio peso, lentamente e gradualmente, a livelli facilmente mantenibili nel tempo, evitando le fluttuazioni.
Quali indicazioni seguire per una corretta alimentazione?
Limitare il consumo di zuccheri e alimenti dolci. Riservare il consumo di questi alimenti ad occasioni speciali.
Limitare i grassi animali e prediligere quelli vegetali, come l’olio extra vergine di oliva.
Salare il minimo indispensabile ed eliminare da tavola la saliera. Limitare i prodotti salati come quelli in salamoia, i cracker, la salsa di soia, i pop corn, i cibi in scatola, i dadi da brodo, le patatine, ecc.
Cucinare i cibi in modo semplice: ai ferri, alla griglia, al vapore, lessati, al forno, utilizzando quelle attrezzature che consentono di ridurre l’impiego dei grassi, come le pentole antiaderenti, a pressione, forni comuni o a microonde.
Consumare alimenti ricchi di calcio, per prevenire l’osteoporosi, ma senza aumentare il consumo dei formaggi, perché sono anche fonte di grassi saturi. Non dimenticare che anche l’acqua e alcuni vegetali sono una buona fonte di calcio. Esporsi al sole quotidianamente, per garantire un quantitativo adeguato di vitamina D, necessaria per mantenere in salute le ossa.
Aumentare il consumo di frutta e verdura fresche e di stagione, di cereali integrali e di legumi, per favorire l’assunzione di fibra alimentare, che aiuta a dare un maggiore senso di sazietà.
Idratarsi adeguatamente.
Sei una donna in menopausa o ti stai avvicinando a questa fase della vita? Vuoi capire se stai mangiando correttamente oppure vuoi correggere i tuoi errori? Contattami! Fisseremo un appuntamento per una consulenza nutrizionale online o in ambulatorio.
Finalmente pubblico la ricetta dei muffins banana e cannella, in molti me l’avete chiesta dopo aver visto il post di facebook. Mettetevi all’opera e sfornate muffins per la prima colazione. Ricordatevi che si possono congelare, per averli freschi e profumati ogni mattina basta scaldarli al microonde.
Per prima cosa schiacciare la polpa di banane con una forchetta e amalgamarla con un po’ di succo di limone. In un’altra ciotola sbattere il burro morbido con lo zucchero, fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungere le uova e poi la polpa delle banane, sempre continuando a mescolare. In ultimo versare la farina setacciata, alla quale sarà stato aggiunto il lievito e il cucchiaino di cannella. Amalgamare bene il composto fino ad ottenere un impasto morbido.
Prendere una teglia da muffins, inserire all’interno dei fori i pirottini di carta e con un cucchiaio versare il composto e riempirli per 3/4 . Infornare per circa 20-25 minuti in forno preriscaldato a 180° e ventilato. Il tempo di cottura potrebbe variare a seconda del tipo di forno, per non sbagliare faccio la prova con lo stecchino.
In questo plumcake ho usato poco zucchero perché ci sono le gocce di cioccolata fondente. Ho sostituito il burro con l’olio di semi di arachidi e con yogurt greco bianco magro, perché volevo un gusto diverso. Si può usare anche lo yogurt classico ma io preferisco il greco perché è meno acidulo e ha un contenuto in proteine maggiore. Prepararlo è molto semplice e veloce, servono circa 15 minuti più il tempo di cottura.
Per prima cosa sbattere le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungere l’olio a filo, poi lo yogurt greco e in ultimo l’aroma di limone, continuando a mescolate a media velocità. In una ciotola a parte unire la farina, l’amido di mais e il lievito. Setacciare bene per evitare che si formino grumi e aggiungere all’impasto. Amalgamare bene tutti gli ingredienti e in ultimo unire circa 80 g di gocce di cioccolata.
Imburrare uno stampo da plumcake, io utilizzo quello antiaderente con la cerniera e spolverarlo con un po’ di pangrattato. Versare il composto nella teglia, livellarlo con una spatolina e sulla superficie aggiungere le restanti gocce di cioccolata.
Cuocere a 180°C in forno ventilato per 40-50 minuti, posizionandolo nel ripiano centrale. Il tempo di cottura può variare in base al tipo di forno, per essere sicuri fare sempre la prova dello stecchino.
Una volta cotto, prima di toglierlo dallo stampo, farlo raffreddare e il vostro plumcake è pronto per essere mangiato…buon appetito!