FODMAPs: cosa sono e perché a volte creano problemi intestinali?

Come anticipato quando vi ho parlato della sindrome del colon irritabile, oggi vi spiegherò meglio cos’è la dieta a basso contenuto di FODMAPs.
Cosa significa questo strano nome?
Si tratta di un acronimo dei termini inglesi: fermentable oligosaccharides, disaccharides, monosaccharides and polyols, ovvero oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili.
Dal momento che per i “non addetti ai lavori” questi termini potrebbero non essere chiari, vi spiego meglio di cosa si tratta. Stiamo parlando di un gruppo di carboidrati che comprende fruttosio, lattosio, fruttani, galattani e polioli.
Queste molecole hanno delle caratteristiche comuni:
- sono poco assorbite dall’intestino tenue
- sono in grado di richiamare acqua nel lume intestinale
- vengono fermentate dalla flora batterica intestinale, con produzione di gas.
In alcuni soggetti, la presenza di queste molecole nell’intestino, provoca accumulo di liquidi e gas che causano gonfiore e distensione dell’addome, con conseguente dolore e alterazione del transito intestinale.
Dove si trovano i FODMAPs?
I FODMAPs sono presenti in diversi alimenti. Il lattosio è lo zucchero del latte, il fruttosio lo troviamo nella frutta e nel miele, i legumi sono ricchi di galattani. I fruttani sono presenti in molti cereali come il farro, il frumento, l’orzo, ecc. I polioli si trovano in alcuni frutti e vengono utilizzati come dolcificanti. Spesso ci sarà capitato di leggere sull’involucro delle caramelle o delle gomme da masticare, la presenza di xilitolo o di mannitolo, due polioli. Inoltre, sempre in etichetta, viene riportato il rischio di effetti lassativi a seguito di un consumo elevato. Questo a riprova della capacità di richiamare acqua nel lume intestinale.
Come nasce questo tipo di dieta?
Nel 2004 i ricercatori della Monash University di Melburne, proposero di utilizzare un’alimentazione a basso contenuto di FODMAPs per ridurre e controllare i sintomi della sindrome del colon irritabile (IBS). L’idea di utilizzare questo tipo di dieta nacque analizzando studi che collegavano l’assunzione di alcuni alimenti, ad un incremento della sintomatologia intestinale, mentre l’eliminazione degli stessi, portava ad un miglioramento.
Secondo le ultime linee guida per il trattamento dell’IBS, pubblicate a gennaio 2021, sull’American Journal of Gastroenterology, a supporto di questo tipo di dieta non ci sono molte evidenze scientifiche, perché i dati sono ancora pochi e discordanti. Comunque, alcuni studi evidenziano un miglioramento della sintomatologia intestinale, soprattutto in merito al dolore e al gonfiore.
In cosa consiste la dieta a basso contenuto di FODMAPs?
E’ una dieta costituita da tre fasi: nella prima vengono eliminati gli alimenti ad alto contenuto di FODMAPs e ha una durata di 2-6 settimane. Nella seconda fase, vengono progressivamente reintrodotti gli alimenti che sono stati eliminati nella prima, dopo averli suddivisi in gruppi, in relazione alle diverse molecole che contengono. In questo modo si cerca di capire quali sono i FODMAPs che creano maggiori problemi, le quantità tollerate e la frequenza con cui possono essere assunti. Nella terza ed ultima fase, si creerà una dieta bilanciata e variata per cercare di consumare gli alimenti vegetali nelle giuste dosi, facendo attenzione a quelli che possono peggiorare la sintomatologia e che sono stati individuati nella fase di reintroduzione.
Come evidenziato in precedenza, i FODMAPs sono particolarmente presenti negli alimenti vegetali. Dal momento che verdura, frutta, legumi e cerali sono fondamentali per la nostra salute, non si può pensare di escludere dalla dieta e per lunghi periodi, una grossa fetta di questa categoria. Oltre a potenziali squilibri nutrizionali, la privazione di tali alimenti potrebbe causare un’alterazione della flora batterica intestinale con un peggioramento della sintomatologia.
E’ importante evitare il “fai da te” ed è fondamentale affidarsi a mani esperte, affinché l’alimentazione sia bilanciata e adeguata. Questa dieta non può essere improvvisata e occorre seguire tutte le fasi, con l’aiuto di un nutrizionista esperto in questo tipo di alimentazione, per evitare squilibri o carenze nutrizionali.
Bibliografia
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28244673/
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https://www.gastrojournal.org/article/S0016-5085(14)01090-7/fulltext