Frutta secca in guscio (prima parte)

Frutta secca

Autunno tempo di castagne… ma non solo!
Noci, nocciole, pistacchi, pinoli, mandorle, ecc., si cominciano a raccogliere tra la fine dell’estate e l’autunno, anche se la nostra tradizione le vede comparire sulle tavole prevalentemente nel periodo natalizio.

Denominate comunemente come frutta secca in guscio o oleosa, per l’elevato contenuto di grassi, vengono coltivate in tutto il mondo. In Italia si producono noci, nocciole, castagne, pistacchi, pinoli e mandorle.

Le nocciole si coltivano in tutte le regioni, dalla pianura fino 1300 m di altitudine e l’Italia è uno tra i principali produttori mondiali. Le regioni dove la coltivazione assume maggiore importanza sono la Sicilia, la Campania, il Lazio, il Piemonte e la Liguria.
La coltivazione della noce è diffusa soprattutto in Campania, quella della castagna in Sicilia, Campania, Lazio, Piemonte e Toscana, mentre la presenza di alberi di pino per la produzione dei pinoli è largamente diffusa nel “Bel Paese” e va dalla zona fitoclimatica1 del Lauretum2 alla sottozona calda del Castanetum3.L’unica regione dove si coltiva il pistacchio è la Sicilia.

Per quanto riguarda la mandorlicoltura, negli ultimi decenni è mutata, sia per quanto riguarda il comparto produttivo che quello commerciale. Pur essendo molto diffusa nel bacino del Mediterraneo, ha avuto, in questo ambiente, periodi di stasi, se non di regressione, a causa dell’inadeguatezza degli impianti, spesso obsoleti e con tecniche di coltivazione tradizionali.

Dal punto di vista nutrizionale, tutta la frutta secca è caratterizzata da una elevata densità energetica per via del considerevole contenuto in acidi grassi mono e polinsaturi. Sono presenti inoltre, proteine vegetali, fibre, fitosteroli, polifenoli, vitamine e minerali il cui contenuto può variare notevolmente in base al tipo frutto, alle modalità di raccolta e alle condizioni di conservazione.

Il basso contenuto in acqua e l’elevata quantità di grassi, fanno si che le calorie introdotte, quando si mangiano questi frutti, siano molte, circa 600 kcal ogni 100 g di parte edibile.
I grassi sono principalmente polinsaturi e ne costituiscono più del 50% del peso. Un’attenzione particolare va data alle noci perché sono ricche di acido alfa-linolenico, un acido grasso essenziale che il corpo umano non è in grado di produrre e che deve essere assunto quotidianamente con l’alimentazione.

La percentuale di proteine varia tra il 10 e il 30% a seconda del tipo di frutta, mentre quella di carboidrati va dal 4 all’8% ed è rappresentata principalmente da amido e zuccheri semplici. Contiene anche un’apprezzabile quantità di fibra, tra 3.5 e 13 g ogni 100 g di parte edibile, con valori più elevati nelle mandorle, nelle nocciole e nei pistacchi.
L’unica eccezione è la castagna che presenta un profilo nutrizionale diverso da quello dell’altra frutta secca. E’ meno calorica (165 kcal/100 g di parte edibile), ha un contenuto minore di grassi e proteine, rispettivamente 1.7 g e 2.9 g per 100 g di parte edibile, più carboidrati, 36.7 g/100g di parte edibile ed un maggior contenuto di acqua.

Tra i micronutrienti troviamo le vitamine B1 e B6, la niacina e l’acido folico che sono le più abbondanti. Mandorle e nocciole sono anche buone fonti di vitamina E, che è un alleato fondamentale per proteggere dall’irrancidimento i grassi insaturi, facilmente ossidabili, presenti in questi alimenti.
La frutta secca è una buona fonte di calcio, in particolar modo le mandorle, di ferro, di magnesio, di fosforo e di potassio mentre va sottolineato lo scarso apporto di sodio, interessante proprietà nell’ambito di un’alimentazione che presenta spesso un eccesso di questo minerale (questa caratteristica non si applica ai prodotti commerciali arricchiti in sale).

Quando si parla di frutta secca non si può fare a meno di non sottolineare l’importanza di una corretta conservazione dalla quale dipendono il mantenimento delle proprietà organolettiche e nutrizionali. I grassi polinsaturi presenti vanno facilmente incontro al processo di irrancidimento con una conseguente alterazione del sapore del frutto.

Tra le varie forme commerciali in cui viene presentata la frutta secca, è meglio preferire quella in guscio poiché questo rappresenta la “confezione” che la natura ha progettato per conservare il frutto al suo interno per lunghi periodi. Se si sceglie quella sgusciata sarebbe meglio acquistarla in confezioni sottovuoto o in quelle opportunamente sigillate per garantirne protezione e freschezza. A casa va sempre conservata in un ambiente fresco e secco perché può essere facilmente attaccata da muffe, alcune delle quali possono produrre sostanze tossiche e dannose.

Un po’ di storia…

Il consumo di frutta secca è molto antico ed è presente nell’alimentazione umana fin dalla preistoria, non solo per le proprietà nutrizionali ma anche per quelle terapeutiche. Fonti storiche rivelano che è stata utilizzata da diverse civiltà del passato come farmaco, al fine di prevenire o curare le malattie, come antidolorifico, come afrodisiaco o per altre proprietà.
Di seguito alcune curiosità storiche sui diversi tipi di frutta secca coltivati in Italia. In questo articolo si parlerà della castagna e del pistacchio, nel prossimo si racconterà la storia della noce, della nocciola, della mandorla e del pinolo.

Castagna

Le origini del castagno europeo (Castanea sativa Mill.) risalgono, probabilmente, a oltre 90 milioni di anni fa, durante la metà del Cretaceo, nella regione del Mediterraneo orientale e solo più tardi, nel periodo Cenozoico, si diffondono in tutta l’Europa. Tra il 900 e il 700 a.C., si inizia a coltivare il castagno nelle regioni asiatiche del Mar Caspio e del Mar Nero, da qui si propaga rapidamente, prima in Grecia poi nell’Impero romano.
I romani utilizzavano il castagno non solo per la produzione di frutta, ma anche per l’utilizzo della corteccia, delle foglie e dei fiori. Dioscoride Pedanio, uno dei padri della farmacopea4, che lavorò alla corte di Nerone, nella sua opera fondamentale il “De Materia Medica”, attribuisce al castagno proprietà astringente, antitossiche e con caratteristiche toniche. Anche il miele dei suoi fiori era molto apprezzato dai romani, sia come alimento, per il suo sapore leggermente amaro, che per il suo impiego nella medicazione di ferite, ustioni o ulcere della pelle.

Nel Medioevo diventano frutti conosciuti ed apprezzati. Un primo ed importante impulso alla coltivazione del castagno fu grazie alla contessa Matilde di Canossa che dispose per gli abitanti dei suoi domini una fonte di sostentamento sicura, in un periodo storico che ancora non conosceva la coltivazione della patata.

Nella seconda metà del Quattrocento, il medico Pantaleone da Cofienza elogia la dieta delle zone montane costituita prevalentemente da castagne, latte e latticini, affermando che essa è in grado di offrire una nutrizione completa. Nel Rinascimento inizia la crisi del castagno, presumibilmente a causa di una sempre più estesa coltivazione dei cereali e da allora la sua coltivazione subisce un progressivo abbandono.

Le castagne sono un frutto ricco di amido e per moltissimo tempo hanno assunto un ruolo importante nell’alimentazione umana. In molte zone collinari e montane d’Italia hanno rappresentato, fino agli anni ’50, la principale fonte alimentare tanto da guadagnarsi l’appellativo di “pane dei poveri” e la sua farina veniva utilizzata per preparare pane e zuppe. Per le caratteristiche nutrizionali sono state utilizzate da tutte le classi sociali tanto che Giovanni Pascoli definì il castagno “italico albero del pane”.
Oggi si sta assistendo ad una valorizzazione dei boschi di castagno che negli ultimi anni sta tornando a riscuotere interesse.

Pistacchio

Il pistacchio (Pistacia vera L.) è originario di una vasta zona dell’Asia Minore, Siria e Turkestan, anche se, attualmente, è ampiamente coltivato nei paesi del Mediterraneo. La parola pistacchio deriva dall’antica parola greca pistákion, assonante con la parola persiana pistáh che significa ricco di farina.

La presenza di pistacchi in scavi archeologici fornisce la prova che è stato a lungo associato con le attività umane e la sua coltivazione è, probabilmente, iniziata vicino alle zone dove la pianta cresceva spontaneamente. Resti di pistacchi risalenti al VI millennio a.C. sono stati trovati in Afghanistan e nel sud-est dell’Iran.
La coltivazione era diffusa nell’antico impero persiano e da qui si è gradualmente estesa verso ovest. Considerato un frutto pregiato, in Assiria, nel decimo secolo a.C., la regina di Saba ne limitò e monopolizzò la coltivazione per un suo uso esclusivo. I pistacchi sono menzionati anche nella Bibbia (Genesi 43:11) come un prezioso dono trasportato, dai figli di Giacobbe, da Canaan all’Egitto.

Nell’antica Grecia erano utilizzati come fonte energetica; anfore rinvenute nel 2004 nell’isola greca di Chios hanno rilevato la presenza di DNA5 di Pistacia vera e Pistacia lentiscus, suggerendo che i frutti venivano commercializzati in questa zona intorno al IV secolo a.C.
Oltre all’impiego alimentare, i pistacchi erano utilizzati sia dagli Assiri che dai Greci come medicinale, come antidoto contro i morsi di animali velenosi e anche come un potente afrodisiaco. Anche Avicenna, considerato il più grande medico e scienziato del Medio Oriente islamico, nel suo libro “Il Canone Della Medicina”, li descrive come utili per le malattie del fegato e come afrodisiaco. Nel medioevo, il medico arabo Averroè descrive l’olio estratto dai pistacchi come “…..una cura equilibrata, grazie alla sua natura complessa rafforza lo stomaco e il fegato. In generale, è uno dei farmaci considerati di grande utilità”. Questa stessa convinzione è stata, successivamente, condivisa da altri medici del medioevo.

Nel libro “Storia Naturale”, Plinio scrive che i pistacchi furono introdotti in Italia dalla Siria dal console romano della provincia, durante la fine del regno dell’imperatore Tiberio. Dall’Italia, sono stati portati in Spagna e nelle altre regioni dell’Europa meridionale e del Nord Africa. In Andalusia venivano considerati un importante ingrediente per i dessert e utilizzati per addensare il marzapane e i torroni.

Intorno al X secolo, la coltivazione dei pistacchi si diffonde anche in Cina e solo più recentemente in Australia, Nuovo Messico e California. Attualmente la coltivazione è diffusa soprattutto in Iran, Turchia, Grecia e Siria, recentemente è stata introdotta anche negli Stati Uniti.

Glossario

1. Zona fitoclimatica: per zona fitoclimatica s’intende la distribuzione geografica, associata a parametri climatici, di un’associazione vegetale rappresentativa composta da specie omogenee per quanto riguarda le esigenze climatiche. In queste zone è possibile osservare una vegetazione-tipo, cioè, un’associazione di specie vegetali spontanee che ricorrono con costanza su quella specifica area.

2. Lauretum: il Lauretum è la zona fitoclimatica più calda nello schema di classificazione di Mayr-Pavari. Si estende, su quasi il 50% del territorio italiano, dalle zone costiere fino ad ambienti collinari con un’altitudine massima che diminuisce all’aumentare della latitudine.

3. Castanetum: il Castanetum è, nella classificazione di Mayr-Pavari, la zona fitoclimatica che si estende fra il Lauretum e il Fagetum. Occupa oltre un terzo del territorio, interessando gran parte della fascia submontana nell’Italia peninsulare e insulare e quella di pianura e di collina nell’Italia settentrionale.

4. Farmacopea: parte della scienza medica che studia le preparazioni dei farmaci.

5. DNA: Acido desossiribonucleico. E’ una molecola complessa che si trova all’interno delle cellule e contiene l’informazione genetica necessaria per la sintesi delle proteine, molecole indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo.

Bibliografia

De Vasconcelos M.C.B.M., Bennett R.N, Rosa E.A.S., Ferreira-Cardoso J.V. Composition of European chestnut (Castanea sativa Mill.) and association with health effects: fresh and processed products. J Sci Food Agric 2010; 90: 1578–1589.

Istituto Nazionale per la Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione. Linee guida per una sana alimentazione italiana. Revisione 2003.

Russo P., Siani A. The role of nuts in the optimal diet: Time for a critical appraisal? Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2012 Dec, 22, 12, p1019–1023.

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www.agraria.org

www.comunicambiente.net

www.ricercaforestale.it

www.treccani.it