Frutta secca in guscio (seconda parte)

Frutta secca

La frutta secca è considerata uno dei primi alimenti ad essere stata consumata dagli esseri umani e, grazie ai suoi valori nutrizionali, ha rappresentato un’importante fonte di nutrienti per i popoli dell’antichità.
In questa seconda parte dell’articolo si racconteranno alcuni cenni storici della noce e del pinolo.

Noce

Il noce (Juglans regia L.) è una pianta originaria dell’Asia (pendici dell’Himalaya), introdotta in Europa in epoca antichissima, per i suoi frutti commestibili e attualmente diffusa in tutto il mondo.
E’ considerato uno tra gli alberi da frutto più antichi che l’uomo conosca. I riferimenti storici evidenziano la sua presenza già nel 7000 a.C. in Persia ma tracce della sua esistenza sono state trovate in tutta l’Europa sud-orientale e lungo la strada che da qui arrivava fino all’Himalaya. A testimonianza della presenza delle noci in queste zone, ci sono i ritrovamenti nella cava di Shanidar, nella zona nordorientale dell’Iraq, che rappresenta il sito archeologico di ritrovamento più antico. Gusci di noci pietrificati, risalenti al periodo neolitico, sono stati ritrovati anche in Svizzera, nella zona dei laghi ed in Francia nella regione del Périgord, nel Terrasson e nel Peyrat.

Nell’antica Persia, solo la famiglia reale mangiava le noci, tanto che si arrivò ad attribuire al frutto l’aggettivo “reale”. Iscrizioni ritrovate su tavolette di argilla, risalenti al II secolo a.C. e attribuibili al popolo Caldeo, che visse in Mesopotamia nell’attuale Iraq, rivelano l’esistenza di boschi di noci all’interno dei famosi giardini pensili di Babilonia. Ulteriori prove del consumo delle noci, risalente alla stessa epoca, si possono trovare su stele scolpite contenenti il Codice di Hammurabi, nella sezione riguardante le leggi che regolano l’alimentazione.

I primi coltivatori di noci furono gli antichi greci, ma i persiani riuscirono a coltivarne una qualità superiore che aveva una resa maggiore in olio. In Grecia venivano utilizzate non solo come cibo, ma anche come tintura per capelli, lana, tessuti e come medicinale in quanto considerate un alimento con proprietà astringenti e che favoriva la digestione. Nel secondo secolo a.C., il medico greco, Eraclide di Taranto, ne suggerì un uso come stimolante dell’appetito, consigliandone un’assunzione prima del pasto.

Circa cento anni più tardi, anche i romani ne scoprirono le qualità tanto da essere disposti a pagare questo alimento a caro prezzo per il lusso di servirlo con la frutta o come dessert. Noci sgusciate sono state ritrovate, insieme ad altri cibi, sul tavolo del Tempio di Iside sepolto durante l’eruzione del Vesuvio, il 24 maggio del 79 d.C.

Per la loro importanza, le noci sono menzionate nei principali trattati di agronomia del mondo latino: De Re Rustica Varrone e De Re Rustica Columella. Plinio Il Vecchio nel suo trattato Naturalis Historia suggeriva di applicare gherigli di noce masticati da un uomo a digiuno sulla ferita inferta da un cane rabbioso, per curarla. Olio di noci veniva prescritto per le coliche e per lenire l’intestino. Il succo di mallo di noce verde, diluito in acqua tiepida, era consigliato come colluttorio e per fermare la diarrea, mentre una noce verde, bollita con dello zucchero, veniva usata per alleviare la costipazione.

Sebbene non esistano delle testimonianze scritte dell’arrivo delle noci in Kashmir, erano una presenza consolidata anche in questa regione e da qui potrebbero aver viaggiato fino in Cina durante la dinastia Han, tra il 206 a.C. e il 220 d.C. Il latte di noce era considerato dai cinesi come un alimento in grado di dare forza e spesso veniva usato per le sue proprietà medicinali.
La stessa importanza gli fu attribuita in Europa dal medioevo fino alla fine del XVIII secolo, dove venne considerato un sostituto nutriente del latte di mucca.

Proprio perché ampiamente utilizzate in diverse culture, nei secoli le noci sono entrate a far parte dell’arte culinaria e utilizzate in diversi tipi di preparazioni, come ingrediente di zuppe, dessert, sciroppi dolci, sottaceti e marmellate.
Gli antichi persiani utilizzavano una “farina” di noci per addensare le zuppe e gli stufati e apprezzavano un piatto chiamato Fesenjan preparato con carne di pollo, noci e succo di melograno.

Nel XIV secolo in Francia venivano menzionate tra i dessert serviti durante i banchetti reali. In queste occasioni le noci erano conservate in una mistura di miele e spezie che veniva preparata diverse settimane prima dell’evento.
La prima testimonianza dell’arrivo delle noci nel Regno Unito è riportata nell’enciclopedia Britannica e risale alla metà del XVI secolo. Nelle Isole Britanniche venivano solitamente servite alla fine del pasto insieme al maiale o al formaggio Stilton.

Simbologia e superstizione ruotano intorno all’albero di noce e ai suoi frutti. Nell’antica Roma le noci erano considerate un simbolo del matrimonio ed era abitudine spargerle sul pavimento della camera da letto nunziale. Alcuni passaggi degli scritti di Plinio, descrivono il noce come un albero la cui ombra offusca il cervello e nulla doveva essere piantato o coltivato vicino perché fonte di veleno e di male. Nel XVII secolo in Italia un albero di noce denominato Albero di Benevento era considerato come il luogo attorno al quale le streghe si riunivano, la legenda racconta che il vescovo fece tagliare albero e le radici ma al suo posto ne crebbe un altro che le streghe continuarono ad utilizzare durante i loro rituali.

Pinolo

Il pinolo è il seme commestibile dell’albero Pinus pinea, appartenente alla famiglia delle Pinaceae e all’ordine delle Conifere.
Alcuni autori sostengono che la specie ha avuto origine in tutto il bacino del Mediterraneo, mentre altri la collocano esclusivamente al Mediterraneo orientale ed all’Asia Minore. Resti di pinoli, risalenti al periodo Mesolitico, sono stati trovai in alcune grotte, come quelle a Nerja (Malaga, Spagna) e Lattes nel sud della Francia e documentano l’uso dei pinoli, così come di altra frutta secca in guscio, nella dieta di diversi popoli. andando a costituire una base molto importante dell’alimentazione umana.

I pinoli vengono citati nell’Antico Testamento dal profeta ebraico Osea, che visse in Israele nell’VIII secolo a.C. Il loro sapore era apprezzato sia dagli antichi greci che dai romani, tanto che entravano a far parte delle provviste che i legionari trasportavano durante i loro viaggi A testimonianza di questo utilizzo c’è il ritrovamento di gusci di pinoli, risalenti al primo secolo d.C., in accampamenti romani in Gran Bretagna.

Oltre che per scopi nutrizionali i pinoli sono stati utilizzati dai popoli dell’antichità come medicinali. Nel suo libro The physicians of Pharaonic Egypt, il medico Paul Ghalioungui, li descrive come uno dei prodotti che gli egiziani usavano per curare le malattie. I medici greci Galeno e Dioscoride Pedanio gli attribuivano la proprietà di contrastare la tosse e i dolori al petto. Galeno, inoltre, pensava che fossero in grado di “ripulire” e li consigliava ai pazienti con espettorato, mentre Dioscoride nel suo libro De Materia Medica, descrive i pinoli come un frutto con proprietà astringenti e con la capacità di alleviare la tosse e le infezioni polmonari, sia consumati da soli che dopo averli miscelati con il miele. Il filosofo e medico musulmano Ibn-Sīnā, noto in occidente con il nome di Avicènna, nella sua opera più famosa Il Canone della Medicina, che doveva diventare l’opera di riferimento per la pratica e l’insegnamento della medicina in Europa fino la fine del Rinascimento, descrive i pinoli come: “…utili contro i fluidi marci nei polmoni, il sanguinamento, e la tosse cronica…” e continua “….se fatti bollire in un vino dolce, sono molto buoni per pulire i polmoni dal pus. Sono anche in grado di dare energia, aumentare l’appetito sessuale e la produzione di sperma. Se vengono mangiati insieme al miele, purificano i reni e la vescica e sono anche in grado di proteggere quest’ultima dai calcoli e dalle ulcere “.

Anche nella cultura andalusa sono stati utilizzati sia come cibo che come farmaco. Averroè, medico della Spagna musulmana vissuto nel medioevo, raccomandava l’utilizzo dell’olio estratto dai pinoli come rimedio per l’ictus e la debolezza e credeva che potessero aumentare la quantità di sperma, così come le cipolle e ceci.

Bibliografia

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www.agraria.org