I legumi parte 1°

Perché il 2016 è stato dichiarato l’anno internazionale dei legumi?
Secondo il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, …i legumi possono contribuire in modo significativo ad affrontare la fame, la sicurezza alimentare, la malnutrizione, le sfide ambientali e la salute umana. Per secoli sono stati una parte essenziale dell’alimentazione ma nonostante ciò il loro valore nutrizionale non viene generalmente riconosciuto ed è spesso sottovalutato.
Lo scopo dell’ONU è fare opera di sensibilizzazione e aumentare la consapevolezza dei molti vantaggi dei legumi, incrementarne la produzione e il commercio, poiché sono una valida alternativa alle più costose proteine di origine animale.
L’utilizzo dei legumi comporta dei vantaggi per l’uomo, per gli animali e per il terreno, inoltre promuove la biodiversità.
La FAO ha inviato un importante messaggio al mondo per porre l’attenzione sulle problematiche a cui si dovrà far fronte in questo secolo: …per soddisfare la crescente richiesta mondiale si dovrà produrre più cibo di qualità senza depauperare le risorse naturali del pianeta. Sempre secondo la FAO: …se non si migliorerà la gestione delle risorse e la popolazione aumenterà con l’attuale tasso di crescita, entro il 2050 saranno necessari tre pianeti come il nostro per soddisfare il fabbisogno alimentare mondiale.
I legumi sono un gruppo di piante molto diverse tra loro con un patrimonio genetico antico e ricco di peculiarità. Possono adattarsi ai cambiamenti climatici e ciò consente agli agricoltori di selezionare nuove varietà, per adeguare la loro produzione ai continui cambiamenti delle condizioni atmosferiche.
La caratteristica principale ed esclusiva di tutte le leguminose è la capacità di fissare l’azoto atmosferico. Questo fenomeno è reso possibile da una simbiosi tra le leguminose e i batteri del genere Rhizobium e Bradyrhizobium, presenti nel suolo. I microrganismi si insediano sulle radici e formano dei tubercoli nei quali fissano l’azoto dell’aria assorbito dalla pianta ospite. In tal modo le leguminose sono autosufficienti per l’azoto (indispensabile per l’accrescimento) e sono in grado di trasferirlo al suolo con una serie di benefici per il terreno e per l’ambiente. Grazie a questo fenomeno si ha una riduzione dell’impiego di fertilizzanti azotati che sono una delle maggiori cause d’inquinamento da nitrati delle falde acquifere.
I benefici della coltivazione dei legumi non si limita alla fissazione dell’azoto, ma sono molteplici. Se si attua la pratica del “sovescio” (interramento delle piante dopo la raccolta dei frutti), si ha un miglioramento della fertilità del terreno. Gli scarti delle leguminose possono essere utilizzate nell’alimentazione del bestiame. Rispetto alla produzione di carne, la coltivazione delle leguminose consente un notevole risparmio idrico. Secondo la FAO per produrre un chilo di lenticchie e piselli occorrono 50 litri di acqua, per la stessa quantità di carne di manzo ne servono 13000.
Attuando la rotazione colturale con piante depauperanti come i cereali, il rischio d’impoverimento organico dei terreni è minore e anche i costi per la concimazione sono ridotti.
Come conseguenza di tutti questi effetti si ha una migliore resa dei terreni, per le coltivazioni, negli anni successivi. L’impatto ambientale si riduce e indirettamente anche le emissioni di gas a effetto serra.
Se le condizioni generali del terreno migliorano aumenta la biodiversità nel sottosuolo, poiché si crea un abbondante ricettacolo di germi, insetti e batteri di vario genere. Questa maggiore biodiversità fornisce una grande resistenza allo stress e migliora l’abilità degli ecosistemi nel far fronte alle malattie.
Un po’ di storia…
La maggior parte dei legumi è originaria del bacino del Mediterraneo e del vicino Oriente, ad eccezione di: fagioli e arachidi, provenienti dall’America e soia, dall’estremo Oriente.
I legumi sono alimenti di antichissimo consumo nella storia dell’alimentazione. Già 20000 anni prima della nascita di Cristo in alcune culture orientali si utilizzavano i legumi come alimento. Scavi archeologici eseguiti in Ucraina hanno portato alla luce resti di piselli risalenti al 7000 a.C.
La storia continua e nel VIII secolo a.C. Omero menziona i ceci e i fagioli nel suo poema epico Iliade. Nel VII secolo si coltivavano lenticchie, fave e ceci nella Culla delle Civiltà in Medio Oriente.
I legumi sono citati nell’Antico Testamento. Esaù vende la primogenitura, al fratello Giacobbe, per un piatto di lenticchie. Nel libro del profeta Ezechiele il Signore, per resistere all’assedio di Gerusalemme, gli ordina di fare scorta di orzo, fave, lenticchie e frumento.
Ceci, lenticchie, fagioli e piselli erano apprezzati nell’antico Egitto e la coltivazione di questi ultimi inizia nel delta Nilo nel IV secolo a.C. Erano un cibo consumato sia dai ricchi che dai poveri.
Resti di legumi sono stati ritrovati nelle anfore funerarie, ad indicare l’importanza che veniva attribuita a questi alimenti come sostentamento per il viaggio nell’oltretomba.
I legumi rientravano anche nella dieta degli antichi greci per il loro alto valore nutritivo. Solitamente consumavano lupini e ceci perché poco costosi. Questi ultimi venivano serviti abbrustoliti e spesso offerti nei banchetti insieme a fave e frutta secca per stimolare la sete di vino. Le lenticchie erano prevalentemente gustate sotto forma di zuppe o condite con zafferano ed apprezzate per il loro contenuto proteico.
Le lenticchie erano il cibo più diffuso nella Roma imperiale per l’alimentazione del popolo e degli schiavi. Il consumo era così alto da richiedere continue importazioni dall’Egitto.
Gli antichi romani si avvalevano dei legumi per dare il nome alle famiglie nobili: gens Fabia, da faba, fava; Lentuli da lenticchie, Pisani da piselli. Anche il cognome Cicerone derivava da una caratteristica verruca a forma di cece sul naso di un antenato.
Sempre nella storia dell’antica Roma viene descritto l’impiego delle piante divelte, dopo il raccolto di lupini e piselli, per l’arricchimento del terreno.
Molte erano le ricette che venivano usate per mangiare i legumi. Catone consigliava di consumarli cotti conditi con aceto o mischiati in minestre rustiche (pulmentaria). Venivano utilizzati in mistura con altre farine per la panificazione, per ricavarne puls (polente) e per preparare il maccus una sorta di polenta fatta con farina di fave.
Secondo gli storici, durante le conquiste, l’esercito romano si spostava con scorte di lenticchie e fagioli in quanto leggeri da trasportare, sani, nutrienti e pratici da cucinare, perfetti per le lunghe distanze e immuni dai problemi di deterioramento della carne.
Dopo la caduta dell’Impero romano di occidente, si ha un generale aumento del consumo di legumi sia per la crisi economica che per i divieti religiosi in alcuni giorni e nella quaresima.
Nei mercati cittadini del Medioevo era facile trovare venditori di cicera et panicum, una mistura di farine di legumi, soprattutto fave e ceci, con farina di frumento. Si trattava di un piatto povero consumato soprattutto dalle classi subalterne.
I legumi diventano il simbolo dell’alimentazione monastica, diffondendo un modello alimentare sobrio, in contrapposizione alla mentalità dei potenti. Gli si attribuiva un valore mistico legato alle grandi figure dei monaci eremiti, significavano la continenza della lussuria e la mortificazione del corpo.
Nel Rinascimento i legumi erano principalmente un cibo del popolo, quasi mai presente alla mensa dei signori che invece mangiano carne di ogni specie. In questo periodo si ha una grande diffusione della fava, considerata fino al XV secolo il migliore tra i legumi per il suo alto rendimento.
Dopo la scoperta delle Americhe, grazie alla conoscenza di nuove varierà di fagioli, rinasce l’interesse per i legumi anche se rimangono sempre un “cibo contadino”. Si riduce il consumo delle fave dalle tavole che diventa, soprattutto, foraggio per i bovini, al pari di altre leguminose.
Solo dopo la rivoluzione francese i legumi tornano alla ribalta della gastronomia e prendono il posto delle carni e dei piatti ricchi e sontuosi della cucina aristocratica.
Nel XIX non si ha un particolare apprezzamento per i legumi, che rimangono legati alle cucine regionali e contadine. Le cose cambiano all’inizio del secolo scorso. Le guerre e la povertà danno un notevole impulso alla produzione e al consumo alimentare dei legumi in quanto rappresentavano l’unica fonte di proteine. Nel dopoguerra, con l’avvento del benessere economico, si ha una drastica riduzione del consumo di legumi a favore di un incremento di alimenti a base di proteine di origine animale. Tale cambiamento determina un’inversione di tendenza degli equilibri colturali: meno terre destinate alla coltivazione dei legumi, aumento dei pascoli per il bestiame, incremento produttivo delle leguminose adatte all’uso zootecnico a discapito delle varietà ad uso umano.
A sostegno di questi cambiamenti ci sono i dati che evidenziano come oggi, nei paesi industrializzati, i legumi rappresentano solo il 20-25% della dieta mentre in quelli in via di sviluppo il 75%.
Questo breve articolo finisce qui, nel prossimo parlerò delle caratteristiche nutrizionali dei legumi e della loro importanza per la salute umana.
Bibliografia
Cairella G. et. al. I legumi nell’anno dei legumi. Riunione nazionale SINU 2016.
FAO Pulses Nutritious seeds for a sustainable future 2016. http://www.fao.org/documents/card/en/c/3c37a47f-228c-4bdc-b8a5-593759464eb4/
FAO schede informative: Nutritional benefits of pulses – Pulses contribute to food security – Health benefits of pulses – Pulses and climate change – Pulses and biodiversity. http://www.fao.org/pulses-2016/communications-toolkit/fact-sheets/it/
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali I legumi da granella 2016.
Slowfood In bocca al lupino. http://www.slowfood.it/guide-al-consumo/