Mode alimentari e salute… non sempre vanno d’accordo!

Negli ultimi anni si parla molto di alimentazione perché è ormai ampiamente dimostrato che la dieta è strettamente correlata con la nostra salute, sia positivamente che negativamente. Se da una parte la sana alimentazione ci può proteggere dall’insorgenza di malattie come diabete, obesità, cancro e patologie cardiovascolari, dall’altra una dieta nutrizionalmente non adeguata può alterare lo stato di benessere ed essere la causa delle patologie sopracitate.
Aprendo una finestra su quelle che sono le tendenze e le mode alimentari dei nostri giorni si può dire che non sempre tutto quello che si sente in giro o si trova in internet è scientificamente corretto. Basta digitare la parola “dieta” su un qualsiasi motore di ricerca che ne vengono fuori almeno un centino. Alcune più note, altre praticamente sconosciute ma nella maggior parte dei casi con la caratteristica comune di essere iperproteiche e ipocaloriche.
Queste diete prevedono l’ingestione di poche calorie, molte proteine soprattutto di origine animale, molti grassi o lipidi e l’esclusione, quasi totale dei carboidrati. Queste diete sono state ideate per la prima volta un secolo fa, per la cura dei bambini epilettici, in quanto erano in grado, in alcuni casi, di eliminare l’utilizzo dei farmaci. In seguito, a partire dagli anni ‘70 sono state utilizzate anche per altri scopi tra cui la perdita di peso. Uno tra i primi fu un cardiologo americano Robert C. Atkins che la ideò per ridurre l’effetto dell’insulina. Ma nonostante il suo ideatore sia morto da diversi anni, questo tipo di dieta è ancora molto popolare.
Lo scopo delle diete iperproteiche, come la Dunkan, quella del sondino e tante altre, è quello di aumentare l’utilizzo dei grassi a scopo energetico e quindi evitarne l’accumulo. Poiché si basano sul meccanismo di induzione della chetosi (o acetonemia), sono denominate anche chetogeniche.
Ma in cosa consiste il fenomeno della chetosi?
Prima di tutto bisogna escludere i carboidrati dalla dieta, compresi anche quelli che derivano da frutta e verdura. In questo modo l’organismo dovrà ricavare il glucosio (molecola fondamentale per il funzionamento delle attività cellulari) da altri precursori come i lipidi. Dal momento che i grassi possono essere utilizzati a scopo energetico solo in parte perché per completare il loro ciclo energetico necessitano di prodotti che derivano dal metabolismo dei carboidrati (“i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati”), l’organismo si troverà costretto a trasformarli in corpi chetonici (aceto acetato, 3-B-idrossibutirrato e acetone) che verranno utilizzati a scopo energetico da diversi organi.
Ma, se da una parte questi cambiamenti metabolici sono utili al dimagrimento perché inducono nausea con conseguente perdita di appetito, aumento del consumo dei grassi e maggior senso di sazietà per via dell’elevato apporto proteico, dall’altra, non dobbiamo dimenticare gli effetti negativi come l’affaticamento epatico e renale che si realizza a causa del superlavoro a cui sono costretti questi organi per smaltire i corpi chetonici prodotti. Altra cosa da non sottovalutare sono le carenze vitaminiche e di sali minerali che si verificano a causa dell’esclusione di frutta e di verdura.
A questi effetti negativi se ne associano altri legati all’eccessiva riduzione dell’apporto energetico che si realizza seguendo delle diete altamente ipocaloriche finalizzate ad una perdita di peso rapida.
Il regime ipocalorico costringe l’organismo ad attuare una strategia difensiva, finalizzata alla sopravvivenza, attraverso l’abbassamento del metabolismo basale (quantità di energia consumata da una persona nelle 24 ore per l’espletamento delle funzioni metaboliche vitali: battito cardiaco, respirazione, digestione, ecc.). Oltre a questo, a causa del basso introito calorico, l’organismo è costretto ad utilizzare le proteine corporee, tra cui quelle muscolari, per soddisfare le proprie necessità energetiche. Come conseguenza si ha una diminuzione della massa muscolare con ulteriore riduzione del metabolismo basale (va sottolineato che la massa magra è il compartimento più attivo dal punto di vista energetico cioè quello che ci fa consumare).
Dopo un certo periodo di tempo, tale abbassamento, ha come effetto l’arresto della perdita di peso e l’assunzione anche di sole poche calorie in più (perché non si riesce a sostenere un’alimentazione molto restrittiva per lunghi periodi di tempo), comporta un recupero ponderale.
Ma da cosa è costituito questo peso “recuperato”? nella maggior parte dei casi non dai muscoli persi, perché serve un allenamento adeguato per aumentare la massa muscolare, ma certamente da grasso; ciò induce l’individuo ad intraprendere una nuova dieta con reiterazione ed aggravamento del fenomeno. Al termine di ogni dieta l’ago della bilancia indica una riduzione del peso ma, dall’analisi della composizione corporea, la riduzione è causata dalla perdita di massa magra e quindi in percentuale la massa grassa è aumentata. Quindi, alla fina di una “dieta dimagrante” si diventa più grassi!!!
Alla luce di quanto esposto si può concludere dicendo che per dimagrire correttamente è fondamentale seguire un’alimentazione corretta ed equilibrata affiancata dall’attività fisica. Perché non si deve mai dimenticare che l’alimentazione non è fatta solo di calorie ma di nutrienti che devono essere assunti quotidianamente con gli alimenti perché il nostro corpo non è in grado di produrli e un’alimentazione particolarmente restrittiva che esclude gruppi di alimenti, se protratta nel tempo può comportare rischi per la salute.
Bibliografia
Atkins RC. Dr Atkins’ Diet Revolution: The High Calorie Way to Stay Thin Forever. (1972) D. McKay Co: New York, NY, USA.
Kessler SK, Neal EG, Camfield CS, Kossoff EH. Dietary therapies for epilepsy: future research. (2011) Epilepsy Behav.;22:17–22.
Stryer L. Biochimica (1997) 3° ed. Zanichelli