Alcol etilico: l’altro nome di vino, birra e superalcolici (seconda parte)

Alcol: valore nutrizionale

In merito all’apporto nutrizionale dell’etanolo, spesso si sente affermare che fornisce all’organismo solo calorie “vuote” in quanto non si ha un concomitante apporto di altri nutrienti, se non modeste quantità di vitamine e sali minerali. Al contrario, l’apporto energetico è elevato (7 kcal/g), tanto da poter sopperire, se assunto in quantità moderate, a circa la metà delle richieste energetiche basali dell’organismo. Le calorie introdotte sotto forma di etanolo in eccesso rispetto alle necessità giornaliere di energia, vengono trasformate in acidi grassi ed accumulate nel tessuto adiposo. Proprio perché le bevande alcoliche non contengono proteine, vitamine, minerali e altri nutrienti fondamentali, è facile riscontrare nei bevitori segni di malnutrizione per difetto dovuta ad errori alimentari, alterazione del metabolismo per danni epatici e malassorbimento. Accanto a questa bisogna, però, considerare anche la malnutrizione per eccesso. Studi, infatti, evidenziano una correlazione fra consumo alcolico e sovrappeso, attraverso l’uso di indicatori quali il rapporto vita/fianchi (obesità centrale o viscerale) perché le calorie dell’alcol si vanno a sommare a quelle della dieta.

Secondo le Linee Guida per Una Sana Alimentazione Italiana del 2003 dell’INRAN…“Un consumo moderato può essere indicato entro il limite di 2-3 unità alcolica (UA) al giorno (pari a circa 2-3 bicchieri di vino) per l’uomo e di 1-2 UA per la donna. Una UA corrisponde a circa 12 g di alcol e tale quantità, da assumersi durante i pasti, deve essere intesa come limite massimo oltre il quale gli effetti negativi cominciano a prevalere su quelli positivi”. Sopra i 65 anni si raccomanda di non consumare più di 1 UA al giorno, mentre al di sotto dei 18 e durante la gestazione o l’allattamento non bisogna consumare bevande alcoliche né giornalmente, né occasionalmente.

Da sottolineare che la dose di alcol che una persona sana può concedersi, senza avere gravi danni, non può essere stabilita rigidamente perché quella che può essere la dose adeguata per un soggetto, potrebbe non esserlo per un altro. Inoltre, per alcune patologie come il cancro al seno, il rischio aumenta anche solo passando da un consumo giornaliero di zero bevande alcoliche ad una.

Sempre secondo le linee guida dell’INRAN, ci sono molte false credenze sull’alcol che è bene siano smentite per non incentivarne il consumo. Ad esempio non è vero che l’alcol aiuti la digestione, ma la rallenta e produce ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello stomaco. Il vino non fa “buon sangue” perché un abuso di alcol può essere responsabile dell’aumento dei grassi nel circolo ematico e di alcune forme di anemia. Le bevande alcoliche riscaldano solo momentaneamente perché inducono vasodilatazione ma allo stesso tempo aumentano la dispersione di calore nell’ambiente e quindi il rischio di assideramento, se ci si trova in un ambiente freddo. Inoltre, le bevande alcoliche disidratano perché l’etanolo richiede una maggior quantità di acqua per il suo metabolismo e aumenta le perdite idriche con le urine in quanto provoca il blocco dell’ormone antidiuretico.

I numeri dell’alcol

Dal rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su alcol e salute 2014 si stima che circa 3,3 milioni di morti nel mondo, avvenute nel 2012, siano state causate dal consumo di alcol. Ciò corrisponde al 5,9% di tutti i decessi cioè, uno ogni venti (7,6% per gli uomini, 4,0% per le donne) e il triste primato spetta all’Europa con più morti causate dal consumo di alcol, rispetto al resto del mondo.
Per quanto concerne la situazione italiana, l’Osservatorio Nazionale alcol (Ona) stima che nel 2010, 16829 decessi siano attribuibili all’alcol e tra questi circa 5000 morti siano causati dall’insorgenza del cancro alcol-correlato.

In relazione ai consumi, secondo i dati ISTAT del 2013, il 63,9% della popolazione di 11 anni e più ha consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno. Tra il 2003 e il 2013 la percentuale dei consumatori giornalieri di alcolici scende dal 31% al 27,7%. Aumenta, invece, quella dei consumatori occasionali passando dal 37,6% nel 2003 al 41,2% nel 2013 e di coloro che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 24,8% al 25,8%):

Tra le persone che hanno assunto almeno una bevanda alcolica durante l’anno, il vino è quella maggiormente consumata, rispettivamente dal 65,4% degli uomini e dal 38,7% delle donne, seguita da birra e altri alcolici come amari, liquori e aperitivi:

Sempre i dati ISTAT riportano che nel 2013 le assunzioni “pericolose” di alcol hanno riguardato 7 milioni e 144 mila persone (13,2%).
Tra queste assunzioni si annoverano:

  • consumo giornaliero non moderato (consumo di alcol pari a oltre 60 grammi/6 UA, per le gli uomini e di oltre 40 grammi/4 UA per le donne);
  • binge drinking, tradotto letteralmente come “abbuffata alcolica” e cioè 6 o più UA consumate in una a singola occasione;
  • assunzione di alcol da parte dei ragazzi di 11-15 anni.

Il consumo giornaliero non moderato ha riguardato l’11,9% degli uomini e il 3,2% delle donne, mentre il binge drinking il 10,4% degli uomini e il 2,5% delle donne.
Questo tipo di comportamenti pericolosi, oltre che tra la popolazione adulta, si osservano anche tra i giovani di 18-24 anni (il 23% maschi e l’8,6% femmine), tra gli adolescenti di 11-17 anni (rispettivamente l’11,7% e l’8,5%) e tra gli ultra sessantacinquenni (il 38,6% uomini e l’8,9% delle donne):

Alcol

Nonostante le numerose evidenze scientifiche mettano in relazione il consumo di alcol e l’aumento del rischio di condizioni che possono alterare lo stato di salute, dagli ultimi dati ISTAT pubblicati, emerge che i giovani e gli anziani sono le due categorie di popolazione particolarmente a rischio.
Nei più giovani il consumo di bevande alcoliche non avviene ai pasti ma consumano alcol in funzione dell’effetto che ha, per sentirsi più sicuri, per facilitare le relazioni interpersonali, per apparire più alla moda ed emancipati e si concentra soprattutto nel fine settimana, secondo il modello definito “binge drinking”. Questo tipo di consumo aumenta il rischio di danni permanenti con possibili deficit cognitivi che si svilupperanno negli anni. Ad alimentare il problema c’è anche l’aumentata disponibilità delle bevande alcoliche che, attraverso una strategia di proposte commerciali, sono più facilmente reperibili ed economiche.

Anche gli anziani sono un segmento di popolazione sensibilmente esposta a comportamenti a rischio. Anche se tradizionalmente in questa fascia di età le bevande alcoliche si consumano prevalentemente durante i pasti, l’apporto totale giornaliero risulta troppo elevato. Accanto a questo non bisogna dimenticare che nell’anziano si riduce l’efficienza dei sistemi di metabolizzazione dell’alcol e anche l’assunzione di più di una sola unità alcolica al giorno può diventare un comportamento non salutare.

Alla luce delle evidenze e dei dati pubblicati fino ad oggi, appare chiaro che i programmi di prevenzione devono continuamente essere implementati e ben coordinati tra loro al fine di salvaguardare la salute pubblica che, nel caso dell’abuso di alcol, colpisce tutte le età, ma sicuramente i giovani e gli anziani sono le categorie più esposte.

Bibliografia

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www.istat.it

Alcol etilico: l’altro nome di vino, birra e superalcolici (prima parte).

Alcol: un po’ di storia…

La parola “alcool”, scritta anche “alcol” o “alcole”, deriva dall’arabo “al-kuhul” e indica una polvere finissima di solfato di antimonio, che veniva utilizzata dalle donne orientali, dopo averla mescolata con l’acqua, come ombretto per tingere le ciglia, le sopraciglia e il bordo delle palpebre. In seguito, in occidente il termine fu usato dagli alchimisti per indicare qualsiasi polvere impalpabile. Nel XVI secolo, con Paracelso, prese il significato di “essenza” o “elemento essenziale” e venne utilizzato dal medico e alchimista elvetico, per indicare la parte più nobile del vino (alcohol vini). Questa nuova denominazione dello “spirito” di vino venne utilizzata, a partire dalla metà del XVIII secolo, dai medici e dai chimici nella sua forma abbreviata alcohol per indicare l’alcol etilico o etanolo.

L’uso dell’alcol etilico risale ai tempi preistorici ed è presente in tutto il mondo, probabilmente perché i fattori necessari per la sua produzione sono estremamente semplici: un materiale vegetale contenente zucchero o amido, lieviti, un certo grado di umidità e una temperatura adeguata per permettere la fermentazione.

I primi miglioramenti tecnologici si ottennero attraverso la masticazione dei semi e dei tuberi per facilitare la fermentazione del materiale amilaceo da parte dei microrganismi presenti nell’ambiente. Questa tecnica di insalivazione è ancora oggi utilizzata nel Sudamerica ed è alla base del processo di produzione della chicha e del cauim, bevande prodotte dalla fermentazione del mais e di altri cereali, ma anche dal tubero della manioca o da alcuni tipi di frutta.
Questo metodo rudimentale si è gradualmente evoluto in sistemi sofisticati per la produzione di vino e birra con un contenuto alcolico piuttosto basso perché la fermentazione da sola non è in grado di produrre bevande con un contenuto alcolico superiore al 12-15%. Per ottenere percentuali di alcol più elevate è necessario distillare le soluzioni acquose, una tecnica inventata dai chimici arabi che si diffuse in Europa durante il Medioevo.

Problemi correlati al consumo di alcol

L’uso di bevande alcoliche è stato parte integrante di molte culture per migliaia di anni. Prima dell’era moderna, le bevande alcoliche fermentate erano conosciute in tutte le società tribali tranne che in Australia, Oceania e Nord America. Dove alcol era tradizionalmente consumato, la produzione di bevande alcoliche era artigianale e avveniva comunemente tra le mura domestiche. Bere alcol aveva ed ha ancora oggi un ruolo nella vita sociale di molti popoli: contrassegna feste ed eventi come nascite e matrimoni ed è spesso utilizzato per i suoi effetti piacevoli a breve termine, come il miglioramento dell’umore, la sensazione di allegria e di euforia.

Accanto a questi effetti non bisogna dimenticare i problemi correlati all’assunzione di alcol. Dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è classificato tra le droghe legali ma, per le cellule, è una sostanza molto più nociva rispetto ad altre droghe illegali e può causare una dipendenza di grado superiore rispetto a quella indotta da droghe più conosciute.
Trattandosi di una sostanza tossica il suo consumo è in relazione con più di 200 malattie, lesioni e altre condizioni che possono alterare lo stato di salute. Per molte patologie il rischio aumenta all’aumentare delle quantità di alcol assunto, con diversa prevalenza di rischio a seconda del sesso.
Non solo il volume di alcol consumato, ma anche le modalità di consumo influiscono sui danni. Ad esempio, l’assunzione durante i pasti sembra essere associata ad un minor rischio rispetto al consumo in altri momenti della giornata.

Numerosissimi studi scientifici hanno dimostrato una relazione direttamente proporzionale tra il consumo di alcol e l’aumento di insorgenza di alcuni tipi di cancro (mammella, cavo orale, faringe e prime vie aeree, stomaco, colon, retto, pancreas e fegato). In particolar modo è stato recentemente evidenziato che il rischio di cancro al seno aumenta di un 4% già a partire dal consumo di una sola bevanda alcolica al giorno e sale al 40-50% quando le bevande diventano tre.

Tra i danni indotti dall’alcol si annoverano quelli al sistema nervoso (neuropatia periferica, demenza, deficit cognitivi, ecc.) e all’apparato digerente (gastrite, emorragie, ulcere, cirrosi epatica e danni pancreatici). Il consumo di alcol è associato a molte condizioni neuropsichiatriche come la depressione e l’ansia. Può interferire con le normali funzioni del sistema immunitario, provocando un’aumentata vulnerabilità ad alcune infezioni, tra cui la polmonite, la tubercolosi e l’HIV e può diminuire la fertilità sia nell’uomo che nella donna.

Il rapporto tra l’uso di bevande alcoliche e l’apparato cardiocircolatorio è complesso. Numerose evidenze cliniche e sperimentali hanno documentato che l’assunzione cronica di elevate quantità di alcol è in grado di indurre lesioni del muscolo cardiaco, disturbi del ritmo, incremento della pressione arteriosa con conseguente aumento dell’incidenza di ictus emorragico. Si ha, invece, un effetto cardioprotettivo su cardiopatia ischemica e su ictus ischemico per consumi lievi, che, però, scompare rapidamente se si aumenta la dose ingerita.

Oltre al consumatore, l’alcol danneggia anche chi lo circonda come i membri della famiglia, i bambini, le vittime della violenza e degli incidenti stradali dovuti alla guida in stato di ebbrezza. Diversi studi mettono in evidenza come all’aumentare del consumo aumenta esponenzialmente il rischio di lesioni sia intenzionali, quali il suicidio e la violenza, che involontarie, per un conseguente effetto sulle capacità psicomotorie.

Nella seconda parte dell’articolo verrà preso in esame il valore nutrizionale dell’alcol e verranno analizzati alcuni dati relativi al consumo di bevande alcoliche in Italia.

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