Sport e corretta alimentazione

Corretta alimentazione e allenamento adeguato sono il connubio perfetto per ottenere risultati ottimali. Non sempre è facile capire come e cosa mangiare in funzione degli allenamenti. Lunedì 25 marzo 2019, alle ore 20.30, approfondirò l’argomento presso il circolo di Villa Garibaldi.

Sport e corretta alimentazione (terza parte)

Con la terza parte concludo questa breve panoramica su sport e corretta alimentazione.  L’argomento di oggi tratta di vitamine e antiossidanti, nutrienti ai quali gli sportivi devono prestare particolare attenzione, per poter mantenere lo stato di salute e garantire una buona prestazione sportiva. Per prima cosa vi parlerò delle vitamine.

Le vitamine sono sostanze organiche indispensabili per la vita delle cellule che l’organismo non è in grado di sintetizzare e devono essere assunte con la dieta. Il termine “vitamina” significa “amina della vita”, per la presenza di un gruppo amminico in una molecola fondamentale per l’organismo.
Le vitamine svolgono funzioni bioregolatrici e protettive, la cui carenza, se protratta nel tempo, può determinare danni caratteristici per ciascuna vitamina.
Presentano strutture chimiche e funzioni diverse tra loro. Si classificano in due gruppi, in relazione alla capacità di solubilizzarsi nei solventi organici (liposolubili: A, D, E, K) oppure nell’acqua (idro­solubili: C e vitamine del gruppo B). A seconda delle loro caratteristiche chimiche hanno forme diverse di trasporto, escrezione e immagazzinamento nell’organismo.

Le vitamine sono presenti sia negli alimenti vegetali che in quelli animali, anche se con importanti differenze legate alla diversa composizione chimica degli alimenti stessi. Un’alimentazione corretta ed equilibrata è in grado di garantire un adeguato apporto di vitamine, sia di quelle maggiormente presenti negli alimenti che di quelle presenti solo in alcuni gruppi.
Il contenuto vitaminico nei cibi è variabile e dipende da diversi fattori come il terreno di coltura di frutta e verdura e il loro grado di maturazione al momento della raccolta. Anche il tipo di foraggio o di alimenti usati per nutrire il bestiame, così come i metodi di conservazione, di cottura e di preparazione degli alimenti, possono influire sul contenuto vitaminico. La concentrazione è maggiore nei cibi freschi, ben conservati, cotti adeguatamente e consumati subito dopo la cottura. Una cottura eccessivamente prolungata può provocare la distruzione soprattutto delle vitami­ne idrosolubili come la vitamina C.

Accanto alle vitamine ci sono le provitamine, sostanze presenti negli alimenti, che possono trasformarsi in vitamine nell’organismo. Un esempio sono i caroteni (delle carote, dei pomodori, ecc.) che si trasformano in vitamina A.

L’organismo è in grado di immagazzinare soltanto le vitamine liposolubili nel fegato, nei muscoli e nel tessuto adiposo e tra le idrosolubili la B12. Tutte le altre devono essere introdotte giornalmente con gli alimenti. Dal momento che le liposolubili si possono accumulare, se assunte in eccesso e per un tempo prolungato, potrebbero provocare problemi di salute. L’eccesso si può verificare solo a causa di un uso non controllato di integratori; è, infatti, consigliabile non ricorrere a dosaggi vitaminici elevati e continuati se non dietro prescrizione medica.

In ambito sportivo, viene attribuita particolare importanza alle vitamine idrosolubili B1, B2 e B5, in quanto intervengono nel metabolismo energetico. Anche la B6 gioca un ruolo importante perché interviene nel metabolismo degli aminoacidi, dei glucidi, dei lipidi, dell’emoglobina, dei tessuti del sistema nervoso e cardiovascolare e nei processi immunitari.
La liberazione e l’utilizzazione dell’energia contenuta negli alimenti rappresenta il punto di arrivo di numerose reazioni che si svolgono in rapida successione: queste reazioni si bloccherebbero a tappe intermedie se in determinati momenti non intervenissero le vitamine, ciascuna con il proprio ruolo.
Anche la vitamina C svolge un compito significativo in molteplici processi cellulari. Ha un’azione antiossidante e antiradicalica, è importante nella sintesi e nel metabolismo del collagene e rafforza il sistema im­munitario. Inoltre, favorisce l’assorbimento del ferro, concorre alla sintesi della carnitina e previene la formazione di nitrosami­ne (sostanze cancerogene derivanti da alcuni conservanti).

Gli atleti impegnati in programmi di allenamento severi per lunghi periodi potrebbero essere considerati a rischio di carenze vitaminiche soprattutto se all’allenamento costante si associa un’alimentazione scorretta e sbilanciata, infezioni frequenti e utilizzo di farmaci.
In funzione di ciò, numerosi studi scientifici sono stati eseguiti sugli atleti per evidenziare possibili carenze vitaminiche ma, anche gli studi più accreditati, non hanno evidenziato nemmeno carenze marginali. Probabilmente, l’aumento del fabbisogno vitaminico legato all’aumentato impegno metabolico, è soddisfatto da un conseguente incremento degli introiti alimentari giornalieri. Solo scelte alimentari scorrette o regimi dietetici monotoni e restrittivi protratti nel tempo, potrebbero causare apporti vitaminici inferiori a quelli raccomandati dalle linee guida nazionali (LARN) e in tal caso si dovrebbe ricorrere ad integrazione.

Fatta una breve panoramica sulle vitamine, non mi resta che concludere parlando dell’importanza degli antiossidanti nella pratica sportiva. Per capire meglio il ruolo di queste importantissime molecole nel nostro organismo, devo prima spiegare cosa sono i radicali liberi.

Con il termine “radicale libero” viene definita “una specie chimica che contiene uno o più elettroni spaiati nell’orbitale atomico più esterno”. Ciò rende la specie chimica estremamente instabile e reattiva, pronta per reagire con le molecole vicine. La reazione che si innesca dà vita a nuove molecole instabili, generando una reazione a catena che, se non fermata in tempo, finisce con il danneggiare le cellule. Il danno indotto dai radicali liberi può rappresentare un agente causale non solo dell’invecchiamento ma anche di molte condizioni patologiche, che vanno dal cancro all’aterosclerosi.
Il termine “stress ossidativo” comprende tutte quelle situazioni metaboliche caratterizzate da un carico eccessivo di radicali liberi dell’ossigeno, che possono esercitare il loro effetto su tutte le componenti cellulari (lipidi, proteine, carboidrati, acidi nucleici) (Fig. 1).

Diagramma sullo stress ossidativo

Fig. 1

I radicali liberi si formano nell’organismo per effetto delle diverse reazioni chimiche che avvengono quotidianamente e qui entrano in gioco gli antiossidanti, una potente arma di difesa che ha l’organismo per neutralizzare queste specie reattive. Dal momento che il corpo è ben protetto, si può dire che lo stress ossidativo si realizza solo quando i sistemi antiossidanti sono sopraffatti dalle specie radicaliche. Stress e danno ossidativo ai tessuti biologici sono, quindi, il risultato della perdita dell’equilibrio tra antiossidanti e specie reattive dell’ossigeno.

Gli antiossidanti possono essere di due tipi: endogeni (prodotti dall’organismo) ed esogeni (contenuti negli alimenti ed assunti con la dieta).
Numerose ricerche hanno dimostrato che un’intensa attività fisica può aumentare la produzione di radicali liberi ma allo stesso tempo tale aumento è in grado di potenziare le difese antiossidanti endogene dell’organismo. Oltre a questo potenziamento si deve aggiungere il maggior introito di antiossidanti esogeni derivante dalle razioni alimentari più abbondanti che gli sportivi assumono, rispetto ai soggetti sedentari. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi, un’alimentazione corretta e bilanciata, è in grado di soddisfare le aumentate richieste dell’organismo.
Solo in particolari situazioni nutrizionali, caratterizzate dall’esigenza di contenere gli introiti calorici, come nelle categorie più basse delle discipline da combattimento o di sollevamento pesi, negli sport di lunga durata, nella ginnastica artistica, ecc. può essere necessaria l’integrazione.

Bibliografia

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Sport e corretta alimentazione (seconda parte)

Nel precedente articolo vi ho parlato dei macronutrienti (proteine, carboidrati e lipidi), dell’acqua e della fibra, in questo parlerò dei minerali. In particolar modo tratterò quelli che svolgono un ruolo importante durante l’attività fisica. Le vitamine e gli antiossidanti verranno affrontati nei prossimi articoli.

I minerali sono elementi chimici che svolgono molteplici funzioni fondamentali nel nostro organismo. Insieme alle vitamine, sono denominati microelementi perché necessari solo in quantità minime e non forniscono energia. Gli apporti giornalieri possono variare da 100 mg a 1 g per quelli presenti in maggiore quantità nell’organismo e che per questo sono denominati macroelementi. Altri invece devono essere assunti in quantità molto inferiori (da microgrammi a pochi milligrammi) e sono chiamati microelementi o oligoelementi. Le funzioni che svolgono sono molteplici: concorrono all’accrescimento, al ricambio e al mantenimento dei tessuti e delle strutture corporee, mantengono l’equilibrio idrico, regolano le funzioni neuro-muscolari e tante altre.
I minerali sono contenuti sia negli alimenti di origine animale che in quelli di origine vegetale ed una buona fonte è rappresentata dall’acqua. Il loro assorbimento può essere sia favorito che sfavorito da diverse sostanze presenti nei cibi. Anche l’uso scorretto ed indiscriminato di integratori, non adeguatamente bilanciati, può pregiudicare l’assorbimento di alcuni a vantaggio di altri.

Tra i minerali ai quali gli sportivi devono prestare particolare attenzione, troviamo il ferro, il calcio, il magnesio, il fosforo e gli elettroliti: sodio, cloro e potassio. Inizierò questa breve trattazione partendo proprio da questi ultimi.

Gli elettroliti sono minerali fondamentali per il corretto bilancio idrico, per il mantenimento della pressione osmotica dei liquidi corporei, per l’equilibrio acido-base, per la trasmissione dei segnali elettrici tra cellule nervose, per la contrazione muscolare e la regolazione della pressione arteriosa. Sono ampiamente presenti negli alimenti ed è quindi difficile, in condizioni normali, che si possano presentare delle carenze.

Sodio e cloro sono i minerali maggiormente presenti nel sudore, in misura minore potassio e magnesio. Particolare attenzione va, quindi, posta quando si praticano sport di lunga durata e di intensità elevata. L’abbondante sudorazione può avere, come conseguenza, una notevole perdita di acqua e degli elettroliti in essa disciolti.
In caso di sudorazione elevata e protratta nel tempo, il corpo attiva un meccanismo adattativo per cercare di compensare le perdite idrosaline. Questo adattamento migliora il riassorbimento del sodio e del cloro, a livello renale e nelle ghiandole sudoripare ma si ha una maggiore perdita di potassio, con urine e sudore. Il corretto reintegro risulta fondamentale per la prosecuzione della prestazione, per evitare spiacevoli conseguenze come crampi, capogiri e debolezza, fino a situazioni più gravi quali nausea, ipotensione e collasso.

Il magnesio riveste un ruolo importante nel metabolismo cellulare ed interviene in diversi processi fisiologici come la contrazione muscolare e la trasmissione dell’impulso nervoso.
E’ presente in molti alimenti sia di origine vegetale che animale e quindi i deficit si realizzano difficilmente. Carenze si possono presentare in situazioni di stress, come nel caso di allenamenti molto impegnativi e protratti nel tempo. Studi hanno evidenziato che il deficit di magnesio può ridurre il rendimento sportivo in quanto determina astenia, crampi, debolezza e maggiore suscettibilità allo stress stesso. Questa situazione può avere come conseguenza la “sindrome da super allenamento” anche conosciuta come “sindrome da overtraining”.

Il calcio è il macroelemento presente in maggiore quantità nell’organismo ed è il protagonista in molte funzioni che avvengono nel corpo umano. E’ principalmente concentrato nei denti e nelle ossa ed è coinvolto nella coagulazione sanguigna, nella contrazione e nel rilassamento muscolare. E’ anche chiamato in causa nella trasmissione dell’impulso nervoso, nella regolazione della pressione arteriosa e nell’attivazione di ormoni ed enzimi digestivi.
In situazioni come l’accrescimento, la gravidanza, l’allattamento, l’attività fisica intensa, le fratture e le prolungate immobilità, si ha aumento del fabbisogno di calcio quotidiano. Anche l’alimentazione iperproteica e ricca di sodio può aumentarne le perdite e quindi le necessità giornaliere.
L’assorbimento dipende dall’azione dell’ormone D3 (vitamina D) e dalla presenza nella dieta di alcuni componenti. E’ ostacolato dalla presenza, nel tratto intestinale, di ossalati e fitati che formano con esso composti insolubili e non assorbibili, poi eliminati con le feci. Al contrario, il citrato, attraverso la formazione di sali solubili, ne favorisce l’assorbimento.
Particolare attenzione merita l’apporto di calcio nell’atleta adolescente, sia per gli elevati fabbisogni in questa età, sia perché l’attività fisica eccessiva può provocare decalcificazione ossea. Mentre un’attività fisica corretta è una pratica raccomandabile per una buona formazione ossea, una pratica sportiva eccessiva può provocare il fenomeno contrario. Il problema è più grave nelle ragazze in cui la corretta calcificazione durante la pubertà e nelle prime fasi dell’età adulta influisce sull’osteoporosi della post-menopausa. Nelle atlete, l’incidenza di amenorree prolungate, secondarie all’esercizio, può provocare perdite di massa ossea e una maggiore incidenza di fratture. Un adeguato apporto di calcio in questa fascia di età risulta indispensabile per il raggiungimento del picco di massa ossea.

Il metabolismo del calcio è fortemente influenzato dall’assunzione del fosforo. Questo minerale si trova nelle membrane cellulari sotto forma di fosfolipidi e in particolar modo nel tessuto nervoso. Nelle ossa e nei denti è presente in combinazione con il calcio. Oltre alla funzione plastica, il fosforo entra in gioco nell’immagazzinamento dell’energia chimica sotto forma di ATP, fosfocreatina ed altre molecole che trasportano e conservano l’energia in tutte le cellule del corpo.

Il ferro è un costituente delle molecole di emoglobina e mioglobina, che hanno il compito di trasportare l’ossigeno ai tessuti dell’organismo, di citocromi e di altri enzimi. L’apporto alimentare di ferro si ha in due forme: “eme” e “non-eme”. La prima viene fornita solo dagli alimenti animali, la seconda ” si trova sia nei vegetali che in quelli animali.
L’assorbimento del ferro è un fenomeno complesso che dipende da molti fattori. La forma eme è assorbita per un 25% della quantità ingerita e non è influenzata dalla quantità di ferro che già possiede l’individuo. Al contrario, l’assorbimento del ferro non-eme è maggiore quando le riserve corporee sono scarse. Comunque, questa forma è assorbita dall’organismo in una percentuale molto bassa (3-5%) e per migliorarne l’assorbimento è necessaria la presenza, nello stomaco, di un agente riducente come la vitamina C. Da sottolineare che esistono degli elementi che ne riducono l’assorbimento come i fitati e alcuni composti fenolici presenti nel tè, nel caffè e nel cacao.
Il ferro viene perduto fondamentalmente con la desquamazione delle cellule degli apparati digerenti, urinario, respiratorio e della cute. Nel caso della donna in età fertile le perdite mestruali rappresentano una frazione importante (0,6-0,7 mg/die).
In atleti che praticano attività aerobica o che eseguono uno sforzo prolungato (anche misto tra attività aerobica ed anaerobica), spesso si assiste alla “pseudoanemia da emodiluizione”. Si tratta di un adattamento cardiocircolatorio positivo che consiste in un aumento del liquido ematico circolante che migliora la fluidità di scorrimento e i processi di raffreddamento durante lo sforzo.
Tra gli atleti di resistenza, soprattutto donne, sono state osservate carenze cliniche o subcliniche di ferro. Il fenomeno è frequente anche in altri sport di resistenza come lo sci di fondo o il triathlon. Le cause dell’alterazione nel bilancio del ferro potrebbero essere legate ad un apporto dietetico non adeguato o al malassorbimento intestinale. Anche l’incremento delle perdite di ferro con sudore, urina e feci e nelle donne in età fertile mestruazioni abbondanti, concorrono alla sua deplezione. I corridori possono presentare emorragie gastrointestinali che contribuiscono, in alcuni casi, alle carenze di ferro. Le cause potrebbero essere collegate ad ischemia intestinale transitoria, gastrite da stress o effetti traumatici ripetuti sugli organi addominali. Anche la secrezione elevata di ferro endogeno nella bile o lesioni prodotte da farmaci, come aspirine o altri farmaci antiinfiammatori non steroidei, contribuiscono ad aumentarne le perdite. La conseguenza fisiologica più apparente della carenza di ferro è l’anemia.

Con il ferro concludo la seconda parte. Vi do appuntamento al prossimo articolo nel quale parlerò delle vitamine.

Bibliografia

Giampietro M. L’alimentazione per l’esercizio fisico e lo sport. Il Pensiero Scientifico Editore, 2005.

Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità. L’alimentazione nella pratica motoria e sportiva.

Manore M., Thompson J. Sport nutrition for health and performance. Ed. Human Kinetcs. Champaign, 2000.

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Sport e corretta alimentazione (prima parte)

L’alimentazione riveste un ruolo fondamentale per il raggiungimento e il mantenimento della forma fisica e dello stato di salute. Attraverso la dieta l’organismo riceve tutti i nutrienti necessari per svolgere le funzioni corporee e reintegrare le perdite legate all’allenamento, ma l’alimento in grado di portare alla vittoria, non esiste. Solo una corretta alimentazione può aiutare a migliorare la prestazione atletica e consentire all’organismo di affrontare gli impegni sportivi. Se è quindi vero che un’adeguata alimentazione, da sola, non è in grado di creare un campione, è altrettanto vero che un’alimentazione inadeguata o carente può creare difficoltà sia all’atleta che allo sportivo amatore.

Affinché un dieta sia considerata sana, deve poter rispondere ad alcune regole basilari. Deve essere variata perché l’alimento “perfetto”, in grado di fornire al corpo tutti i nutrienti necessari, non esiste. Bisogna seguire norme di comportamento adeguate, come evitare l’assunzione di alcolici, mangiare ad orari regolari, non saltare i pasti e così via. Altro importante punto da tenere sempre presente è l’adeguatezza sia quantitativa che qualitativa. Occorre rispettare la proporzione e la ripartizione dei nutrienti per evitare possibili eccessi o deficit. La corretta alimentazione deve apportare quotidianamente: macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi), micronutrienti (vitamina, sali minerali e antiossidanti), acqua e fibra. Per far questo è necessaria una dieta mista che preveda un equilibrio fra alimenti vegetali ed animali.
Ultima regola da tener presente, ma non per questo meno importante, riguarda la distribuzione dei pasti nella giornata. Devono essere adeguati e programmati in modo tale che non vadano ad compromettere gli allenamenti e il recupero.

L’alimentazione dell’atleta o dell’amatore si differenzia dall’individuo sedentario in particolar modo dal punto di vista quantitativo.
Analizzando le ripartizioni dei macronutrienti, circa il 55% dell’energia assunta quotidianamente, deve provenire dai carboidrati. Questa quota può aumentare fino al 70% in particolari situazioni, come durante le gare di endurance. I carboidrati vengono utilizzati dall’organismo sia nei gesti sportivi rapidi ed intensi, sia nelle attività che si protraggono nel tempo. Non sono, però, tutti uguali. Circa l’80% dell’energia fornita dovrebbe provenire da carboidrati complessi (pasta, pane, patate, legumi, ecc.) e il  20% da carboidrati semplici (zucchero, frutta, ecc.). Anche in questo caso le percentuali possono variare a seconda dello sport praticato e soprattutto del momento (allenamento o competizione).

Le proteine sono un macronutriente indispensabile per tutte le funzioni vitali del nostro organismo. Svolgono principalmente una funzione plastica, deputata al rinnovo e all’accrescimento del tessuto muscolare. Devono rappresentare circa il 15% dell’energia (circa 1 g di proteine ogni chilogrammo di peso corporeo ideale). Dovrebbero essere una combinazione di alimenti di origine animale (carne, pesce, uova, latte e derivati) e vegetale (legumi e cereali). Durante il periodo dell’accrescimento il fabbisogno proteico può aumentare. Stessa situazione si ha quando il carico dell’allenamento è impegnativo o se è indirizzato allo sviluppo della forza e della crescita muscolare (1.3-1.5 g/kg max 2 g/kg di peso  corporeo).

I grassi, insieme ai carboidrati, vengono utilizzati come fonte energetica nelle attività sportive di lunga durata e di intensità medio-bassa. Devono fornire circa il 25-30% dell’energia quotidiana. Possono essere assunti sia come grassi contenuti negli alimenti (latte, formaggi, uova, ecc.) che come condimenti. Tra questi ultimi è meglio preferire le fonti di origine vegetale come l’olio extra vergine di oliva.
Le percentuali possono variare ma non bisogna scendere sotto il 20% per evitare un insufficiente apporto di acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili. Due importanti caratteristiche dei lipidi sono l’appetibilità e l’apporto energetico. Rendono i cibi più gustosi e alzano la quota calorica del pasto senza aumentarne il volume. Quest’ultima caratteristica è essere utile quando ci troviamo di fronte ad esigenze energetiche particolarmente elevate. Prediligere carni bianche (pollame o parti magre delle carni rosse) per evitare di innalzare troppo la quota di grassi saturi. Con il giusto apporto di olio extra vergine di oliva, pesce (in particolar modo quello azzurro), frutta secca e semi oleosi, si forniscono all’organismo lipidi mono e polinsaturi.

L’acqua è il principale componente del corpo umano, rappresenta un nutriente essenziale e merita particolare attenzione. Si consiglia di assumere, circa 1.0-1.5 ml di acqua per ogni kcal di energia introdotta, anche in assenza dello stimolo della sete. Può essere assunta con bevande e alimenti o come acqua metabolica, prodotta nell’organismo durante i processi chimici del metabolismo cellulare.
Affinché il corpo possa funzionare correttamente, l’apporto idrico deve sempre bilanciare le uscite che avvengono tramite: pelle, mucose delle vie aeree, urine, feci e sudore. Queste ultime sono le più variabili perché dipendono dall’intensità dell’attività fisica e dalle condizioni climatiche ambientali. La corretta reidratazione è fondamentale per non compromettere sia il risultato sportivo che lo stato di salute dell’atleta.

Vi siete mai chiesti perché sudiamo?

La sudorazione serve per disperdere il calore prodotto nel corpo durante l’attività fisica, evitare così il surriscaldamento e mantenere la temperatura costante. Atleti impegnati in sport di rilevante intensità e durata (ciclismo, maratona, ultramaratona, ecc.), possono arrivare a perdere diversi chilogrammi di peso corporeo in acqua. In conseguenza delle perdite idriche si ha anche una perdita di elettroliti quali sodio, cloro e potassio. In particolari situazioni, è quindi opportuno reintegrare anche questi microelementi.
La carenza idrica è mal tollerata dall’organismo. Una perdita del 2% del volume dell’acqua corporea totale può alterare la regolazione della temperatura corporea mentre una perdita del 5% può comportare il rischio di crampi. Con una perdita pari all’1% del peso corporeo si può avere una riduzione della prestazione fisica del 5%. Questa percentuale sale vertiginosamente al 30 % quando la perdita arriva al 5 %.

Dopo aver posto l’attenzione sull’importanza della corretta integrazione idrica, passiamo alla fibra alimentare. Nutriente importante per la regolazione del transito intestinale, per l’equilibrio della flora batterica e per una fisiologica evacuazione del contenuto. La fibra è presente negli alimenti di origine vegetale come frutta, verdura, legumi e cereali, soprattutto se integrali. Se ne consiglia un’assunzione pari a circa 25-30 g al giorno attraverso prodotti vegetali freschi e di stagione. In un’alimentazione corretta ed adeguata non deve mai mancare.

Concludo questo primo articolo sull’alimentazione e la pratica sportiva parlando della distribuzione dei pasti durante la giornata. Per evitare di sovraccaricare l’apparato digerente con pasti troppo abbondanti, è opportuno suddividerli: 3 principali e 2 spuntini. Questa distribuzione consente all’organismo di ricevere un adeguato apporto di energia durante il giorno ma, soprattutto, durante la prestazione sportiva. Nella preparazione dello schema alimentare sarà fondamentale tener conto dell’orario di allenamento e degli impegni scolastici e lavorativi.
Indicativamente, la colazione deve fornire circa il 20% dell’energia da assumere quotidianamente, gli spuntini il 10-15% , il pranzo e la cena il 25-35%. I pasti completi composti da primo, secondo, contorno e frutta, devono essere consumati almeno tre ore prima della pratica sportiva. Possiamo far trascorrere due ore, se nel pasto sono presenti alimenti ricchi di carboidrati complessi (pasta condita con vegetali, verdura cotta e una porzione di frutta). Se nel pasto sono presenti alimenti ricchi di grassi, i tempi di digestione si allungheranno.
Non dimentichiamo che se il corpo è impegnato nella digestione degli alimenti, il rendimento atletico diminuisce. Questo avviene perché durante il processo digestivo, una buona parte di sangue viene convogliata nell’apparato digerente e i muscoli ne ricevono meno. Come conseguenza ci sarà anche una minore quantità di ossigeno a disposizione per il lavoro muscolare.

La prima puntata finisce qui!
Nel prossimo articolo i protagonisti saranno i micronutrienti: vitamine, sali minerali e antiossidanti.

Bibliografia

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